Isbn Edizioni ha pubblicato L’invasione degli Space Invaders di Martin Amis, un libro scritto nel 1982 e mai pubblicato in Italia, nel quale Amis – grande romanziere e polemista inglese, che allora aveva 33 anni – descrive l’avvento dei videogiochi nei primi anni Ottanta e ne compila una specie di enciclopedia con indicazioni su come superare i vari livelli, sfruttando la sua esperienza che lo aveva portato a una “dipendenza da videogiochi”. Il libro è illustrato dalle fotografie dell’epoca di Jeremy Enness.
Improvvisamente sembra che il nostro pianeta sia caduto nelle grinfie degli alieni. Nei pub, nei bar, nelle stazioni di servizio sulle autostrade, nei chioschi di kebab, nei negozi di dischi, negli aeroporti del Texas, negli atri degli hotel bengalesi, nelle case chiuse svedesi, nelle discoteche parigine, agli angoli delle strade del Greenwich Village, nelle gelaterie, nelle sale d’attesa dei dentisti, nelle boutique unisex – e in tutte le sale giochi del globo terrestre, dove si aggirano pallide creature consumate dal vizio e tiratardi simili a pipistrelli – si può assistere allo spettacolo sfavillante di mille incontri ravvicinati, di mille guerre stellari. L’invasione degli ultracorpi, La notte dei morti viventi, Destinazione… Terra! non sono film, ma storia di tutti i giorni, cose che stanno accadendo proprio davanti ai nostri occhi.
Le strutture di pronto soccorso cittadine si trovano a fronteggiare la diffusione di nuovi e pittoreschi disturbi: il gomito da Asteroids, il dito da Pac-Man, la scoliosi da Galaxian, l’ernia da Centipede (e Dio sa quali danni questa roba sta provocando ai nostri occhi). Le stazioni di polizia custodiscono fascicoli strapieni di verbali relativi a reati connessi al mondo degli Invasori venuti dallo Spazio. In Inghilterra un bambino ha sgraffignato il sussidio di disoccupazione di suo padre nonché i soldi destinati al funerale della nonna, e li ha investiti in migliaia di partite a Space Invaders nel negozietto di dolciumi vicino casa. (A quanto pare i videogiochi hanno anche contribuito a incentivare la prostituzione minorile. I ragazzini si concedono per un paio di partite ad Astro Panic e cose simili. Ma di questo parleremo più approfonditamente in un secondo momento.) A volte l’Invasione colpisce un’intera nazione, con conseguenze di portata geopolitica: due anni fa in Giappone la febbre da videogiochi ha causato una carenza di monetine, che lì normalmente abbondano. In tutto il pianeta, il giro d’affari dei videogiochi supera quello dell’industria cinematografica e di quella discografica.
Ormai è chiaro: gli Invasori venuti dallo Spazio stanno invadendo la Terra.
L’algebra del bisogno
Ci troviamo davanti a un’ossessione di portata mondiale che potrebbe diventare un problema di non poco conto. Ecco i miei sintomi: a periodi di astinenza e disintossicazione, con relative crisi e tracolli nervosi, si alternano fasi di abbuffate pazzesche.
La dipendenza può scattare dopo un’innocente partitina nella sala giochi di una località di mare, per esempio, o nella sala d’attesa di un aeroporto. Uno gioca, si diverte e crede che la cosa finisca lì. Senza apparenti strascichi. Solo che a un certo punto la vittima scopre che questi videogiochi infernali si trovano ovunque: infestano il pub del tuo quartiere, il bar sotto l’ufficio dove fai la pausa pranzo… Un po’ contrariato, sorridi e decidi di fare un altro paio di partite. Poi cominci a giocare con frequenza regolare. Ti ritagli un po’ di tempo per questo svago. Metti da parte le monetine. Ti capita di rivedere facce familiari e furtive, in fila davanti ai cabinati. Le chiacchiere a mezza voce vertono tutte su smart bomb e iperspazio, scorte di carburante e schermi curvi.
«Se colpisci la Nave del Mistero al quindicesimo tiro guadagni 300 punti.»
«Se spari a raffica sul Pod annienti tutti gli Swarmer.»
«Sempre che non si formino in un altro quadrante.»
«Ieri qui ho visto uno che ha fatto 9000 punti soltanto con la prima vita.»
«Aspetta che diventino verdi, poi piazza la nave madre sulla destra.»
«Attento, arrivano le palle di neve.»
«Vai col propulsore!»
«Restringi l’angolo!»
«Su!»
«Giù!»
Pian piano, il gergo e il linguaggio in codice cominciano a diventare comprensibili. Quella strana confraternita clandestina apre le porte e ti lascia entrare.