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  • Giovedì 3 gennaio 2013

La tipografia di Internet, nell’Oregon

Le foto dei sotterranei di un edificio di Portland dove un tempo si stampava il maggiore quotidiano locale e oggi è un grande internet hub

di Ivan Carozzi

Nelle fondamenta di una vecchia palazzina di Portland, in Oregon, si trova la rappresentazione materiale della contesa che vede la vecchia stampa rantolare – a volte con dolo e per incompetenza – e l’editoria digitale, al contrario, strutturarsi, ramificarsi infinitamente. L’ha scoperta Cabel Maxfield Sasser, fondatore della software company Panic, e ne ha scritto il 19 dicembre scorso.

La storia inizia sulla soglia del piano interrato di una palazzina e documenta passo passo la graduale discesa nello scantinato. Come all’inizio di un thriller, Sasser non ci informa, per il momento, di che cosa si celi nel sotterraneo. E comincia a scattare le fotografie che, corredate di didascalie, verranno caricate sul blog. Dopo un po’, racconta, «cominci a farti più vicino al muro. E cominci a vedere delle cose»: le foto di quattro bambini, ritratti nel frammento di una vecchia pagina di giornale incollata al muro; lo strappo di una mappa degli Stati Uniti, costa ovest, forse risalente alla Prima guerra mondiale; i brandelli di un annuncio a pagamento di Standard oil company. Poi, girato l’angolo, Sasser vede, sotto la luce fredda dei neon, la corsa intorno al vano di uno stretto fascio di grosse tubature impolverate, che poi scompaiono dentro la parete. Qui, incollata al tratto d’intonaco intorno ai tubi, si stende un’ampia selezione di foto, ciascuna ritagliata da pagine di giornali risalenti, si direbbe, agli anni Venti del Novecento. Nelle foto figurano, in pose diverse, decine di giovani donne in costume da bagno (intero) che ricordano le fate sulle cartoline dell’Inghilterra vittoriana.

Ecco: ci troviamo nel più importante internet hub dell’Oregon, dice Sasser, nel quale passano decine di grossi cavi che trasportano dati. Ma in questo sotterraneo, un tempo, si trovava la grande tipografia di Portland in cui veniva stampato un quotidiano fondato nel 1850, l’Oregonian, tuttora il più venduto quotidiano locale e il più longevo quotidiano della Costa Ovest. Allora gli operai di tanto in tanto tagliavano e incollavano alle pareti articoli e foto di giornale, tra cui decine di foto di donne, come accade sui muri delle autofficine. Per continuare con le storie parallele, quella operazione di tagliare e incollare una immagine – perché li aveva colpiti, divertiti, perché gli era piaciuta – è la stessa che compiamo oggi sulle nostre bacheche o in modo ancora più dedicato su Tumblr o Pinterest. Lo sguardo misteriosamente ironico di quelle donne in costume non è mai cambiato, neppure un battito di ciglia, fino ad assistere all’epilogo della tipografia e alla posa della fibra ottica. Nello stesso luogo si associano oggi gli ingredienti di un’epocale collisione tecnologica: la vecchia carta di Gutenberg e la sua nemesi, i fiumi d’informazione chiusi dentro le condutture. Del resto, anche il solito Marshall McLuhan diceva che un nuovo media non cancella il precedente – piuttosto ne cambia la funzione. Conclude Sasser:

«Il frastuono delle macchine da stampa che regnava su queste stanze è stato rimpiazzato, proprio come sospettavamo, dal sorvegliato silenzio della conduttura che trasporta i nostri dati. Ovvero questi dati. Queste stesse foto»