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  • Sabato 22 dicembre 2012

I grossi guai di Deutsche Bank

La più grande banca d'Europa è stata perquisita da 500 poliziotti in un caso di evasione fiscale: solo una delle molte inchieste che l'hanno colpita ultimamente

«Deutsche Bank era la più prestigiosa delle istituzioni finanziarie tedesche». Con queste parole comincia l’articolo di copertina di questa settimana dello Spiegel, il più importante settimanale d’informazione tedesco. Era, perché oggi la più grande banca d’Europa è travolta da una lunga serie di scandali, indagini e accuse di malversazioni.

L’ultima perquisizione alla sede di Francoforte è avvenuta pochi giorni fa. Le autorità sono entrate nella banca alla ricerca di prove che riguardano un caso di pressioni su un testimone giudiziario. Il caso riguarda un processo che vede opposta Deutsche Bank alla famiglia del magnate dei media Leo Kirch, l’editore del giornale Bild morto nel 2011. Si tratta di una causa civile in cui la famiglia accusa la vecchia dirigenza della banca di aver accelerato il crollo del gruppo, rilasciando interviste in cui suggeriva dubbi sulla sua tenuta finanziaria. Il tribunale ha dato ragione alla famiglia di Kirch, stabilendo che la banca dovrà pagare un risarcimento tra i 120 e i 1.500 milioni di euro.

La banca è anche accusata di coinvolgimento nello scandalo del LIBOR, nel quale diverse banche avrebbero manipolato un tasso di interesse internazionale; è accusata di aver manipolato i libri contabili per evitare di essere salvata dal governo tedesco durante il picco della crisi ed è oggetto di una miriade di cause civili intentate da diversi investitori per il trattamento che hanno ricevuto negli ultimi anni.

Ma questi casi e la perquisizione degli ultimi giorni non sono affatto impressionanti, se paragonati alla perquisizione avvenuta il 12 dicembre, quando 500 tra poliziotti armati e ispettori della tasse sono entrati nella sede centrale di Francoforte, bloccando l’atrio, perquisendo numerose abitazioni private di dirigenti e arrestando 5 impiegati con le accuse di evasione fiscale, truffa, riciclaggio e ostruzione alla giustizia. Tra gli indagati c’è anche l’amministratore delegato della banca, Jürgen Fitschen.

Nel 2009, l’anno al quale risalgono i reati contestati, Fitschen non era ancora amministratore delegato, ma è comunque indagato perché la sua firma compare su una dichiarazione fiscale della banca, scritta nel 2009, che gli investigatori ritengono fraudolenta. Quella firma, però, compare sul documento per un motivo puramente accidentale: Fitschen dovette firmare perché l’allora amministratore delegato, Joseph Ackemann, non si trovava in ufficio.

Il raid della polizia, scrive lo Spiegel, non ha precedenti. Nessuna multinazionale tedesca era mai stata sottoposta a «un simile livello di umiliazione pubblica». Il modo di agire delle forze dell’ordine, scrive ancora il settimanale, ricorda quello che si usa nei confronti delle bande di criminali: il che sarebbe al tempo stesso un segno di forza, ma anche una manifestazione di debolezza da parte dei magistrati nei confronti di una delle più grandi banche del mondo, i cui consigli e consulenze vengono chiesti dai più alti livelli del governo federale tedesco.

Le accuse – evasione fiscale, truffa, riciclaggio e ostruzione alla giustizia – sono molto gravi, ma l’approccio scelto dai giudici (un assalto in forze di centinaia di agenti, con più di venti macchine della polizia parcheggiate davanti all’atrio del palazzo) è stata una sorpresa per tutti, scrive lo Spiegel, e potrebbe essere il segno della perdita di pazienza dei magistrati nei confronti di Deutsche Bank.

Ci sarebbe anche un’altra ironia, oltre a quella della firma sulla dichiarazione, nelle accuse mosse a Fitschen, un banchiere della Germania settentrionale che ha guidato per anni la divisione corporate di Deutsche Bank, quella che si occupa di investimenti e finanziamenti alle aziende. Fitschen era stato scelto nel marzo scorso dal consiglio di amministrazione per affiancarsi all’altro amministratore delegato, l’indiano Anshuman Jain, proprio perché simboleggiava il rigore dei valori tradizionali della banca. Tra gli scopi della sua nomina, c’era quello di recuperare la fiducia e la credibilità che la banca aveva perso dall’inizio della crisi finanziaria.

Fitschen e Jain hanno cercato di cambiare molto della cultura aziendale, da quando sono stati nominati questa primavera. Per mesi, scrive lo Spiegel, hanno proclamato il nuovo credo di Deutsche Bank. Un messaggio che prometteva di non ricercare più il profitto ad ogni costo e assicurava un rinnovamento delle strutture accompagnato da una nuova attenzione nei confronti dei clienti.

Questi fatti spiegano in parte la reazione oltraggiata di Fitschen, che, dopo la perquisizione, avrebbe chiamato il governatore dell’Assia, lo stato dove si trova Francoforte, chiedendo spiegazioni per il massiccio spiegamento di forze di polizia per eseguire la perquisizione. Secondo lo Spiegel, in privato Fitschen non avrebbe nascosto la sua rabbia per il metodo seguito dalla perquisizione, un metodo che danneggia l’immagine della banca e rende difficile reclutare il personale migliore, ma pubblicamente ha mantenuto un tono più basso dichiarando: «Penso che alcuni aspetti della linea d’azione dei magistrati siano stati eccessivi».

Ma al di là delle critiche nei confronti dei metodi utilizzati dai magistrati, Fitschen ha adottato un approccio collaborativo, secondo lo Spiegel. «Non abbiamo nulla da nascondere – ha dichiarato Fitschen negli ultimi giorni – ed è nel nostro interesse che venga chiarito completamente che cosa è accaduto. Continueremo a collaborare con la giustizia: questi problemi possono essere risolti».

Foto: FRANK RUMPENHORST/AFP/Getty Images