I dati sull’economia aiutano Obama?

A ottobre 171 mila nuovi posti di lavoro e PIL in crescita al 2%, ma ci sono dei dubbi su quanto questi dati influiranno sul voto

Venerdì i dati mensili sulla disoccupazione negli Stati Uniti hanno mostrato che ad ottobre sono stati creati 171 mila nuovi posti di lavoro nel paese. La disoccupazione è al 7,9 per cento, poco sotto la soglia dell’8 per cento, ritenuta negli Stati Uniti una soglia dall’importante valore simbolico, visto che con una disoccupazione sopra questa cifra nessun presidente americano è mai stato rieletto. Il dato potrebbe essere importante, arrivando solo quattro giorni prima della data del voto.

La disoccupazione è solo uno degli ultimi dati che, dando segnali di ripresa economica, potrebbero aiutare Barack Obama nella rielezione. Le buste paga, ad esempio, sono cresciute negli ultimi due mesi per circa 84 mila lavoratori e la forza lavoro, cioè il numero di persone che dichiarano di lavorare o di essere in cerca di un lavoro, è aumentata di 578 mila unità, un dato particolarmente significativo perchè indica una ripresa della fiducia nel buon andamento dell’economia.

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Anche nelle scorse settimane la pubblicazione di diversi dati economici ha dato segnali di ripresa dell’economia USA, aiutando in teoria Obama nella sua campagna elettorale. Il 26 ottobre, ad esempio, è stata pubblicata la previsione del PIL americano per il 2012. Stando ai dati del terzo trimestre annualizzati, dovrebbe crescere del 2% (annualizzare un dato di un trimestre significa fare una stima, tramite complicati calcoli statistici, per vedere quale sarebbe la crescita se le cose “continuassero così”).

I dati di ottobre però vanno letti con cura per non essere tratti in inganno. Ad esempio, la percentuale dei disoccupati ad ottobre è aumentata dello 0,1%, passando dal 7,8% al 7,9%. Si tratta di un fenomeno molto conosciuto dagli economisti ed è il motivo per cui si parla più di posti di lavoro creati, piuttosto che della percentuali di disoccupati.

I disoccupati, infatti, sono quella percentuale della forza lavoro (in genere persone dai 15 ai 65 anni) che è attivamente in cerca di lavoro ma non lo trova. Questa percentuale può addirittura abbassarsi in periodo di crisi, quando molte persone rinunciano per disperazione a cercare un lavoro. Al contrario, quando l’economia torna a crescere, molte persone ritornano a cercare lavoro facendo così alzare il dato della disoccupazione.

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Se l’economia dà segni di ripresa, non è però mai stato dimostrato che la pubblicazione dei dati che lo provano possa influenzare positivamente o negativamente l’andamento delle elezioni. Nate Silver, un esperto di sondaggi politici che ha un famoso blog in tema sul New York Times, ha scritto ieri che bisogna fare due considerazioni. La prima: se quel che conta è il mondo reale, allora la pubblicazione dei dati non è influente. Che l’economia peggiori o migliori i cittadini lo percepiscono nella loro vita quotidiana, quindi le variazioni economiche sono già “scontate” ben prima che vengano pubblicati i dati.

La seconda è che in ogni caso la percezione della situazione economica è molto importante, quindi conta anche come i mezzi di comunicazione ne parlano. Queste due considerazioni non si escludono a vicenda. Sia la realtà effettiva che la diffusione di dati economici hanno un qualche tipo di impatto. Di sicuro però hanno più impatto dati chiari con cifre che colpiscono, come ad esempio il dato sulla disoccupazione di settembre, che mostrò come la disoccupazione fosse calata da sopra l’8% al 7,8%. Dati invece come l’ultima serie (posti di lavoro creati, crescita del PIL, degli stipendi) richiedono una maggiore analisi e qualche spiegazione per essere compresi e quindi avranno un impatto probabilmente molto minore.

Foto: AP Photo/Julie Jacobson