Puntiamo al ristagno

Michele Salvati sul Corriere della Sera spiega quali sono la padella e la brace delle prospettive politiche ed economiche dell'Italia (sconsigliato se siete già di cattivo umore)

Oggi sul Corriere della Sera il politologo Michele Salvati, già ritenuto a suo tempo tra i creatori dell’idea del Partito Democratico, riflette con toni molto pessimistici sulle prospettive politiche future dell’Italia.

Tra le due alternative che la nostra economia ha di fronte — una catastrofe a seguito di una crisi definitiva dell’Euro, o un lungo ristagno — a scegliere non è certo solo l’Italia. Potrebbe anche essere che noi si faccia del nostro meglio, ma poi eventi negativi o decisioni improvvide in altri Paesi — e soprattutto la lentezza e le esitazioni con cui l’Europa dà corpo agli impegni presi nell’ultimo vertice dei capi di governo — scatenino una crisi di credibilità finale nella nostra moneta comune. E dunque la catastrofe. Questa è la situazione ed è inutile girarci attorno e discettare perché e per colpa di chi, in un lontano passato o per recenti decisioni, oggi ci ritroviamo così mal messi. Oggi, per agire in modo efficace, dovrebbe essere sufficiente la comune convinzione che la catastrofe è peggio del ristagno — da questo, forse, si può lentamente uscire con danni limitati e calcolabili, se l’Europa si dà una mossa e noi ci comportiamo bene — e sia a destra sia a sinistra si dovrebbe convenire che a volte la politica ci pone di fronte non alla scelta tra un bene e un male, ma tra un male maggiore e uno minore.
Per la politica italiana, nel suo piccolo, l’obiettivo fondamentale dovrebbe allora essere quello di far bene i compiti a casa, di consolidare le aspettative positive dell’Europa e dei mercati che Monti è riuscito a suscitare, di non accrescere la probabilità che una situazione di confusione e di incertezza aumenti la probabilità di una catastrofe. Confusione e incertezza: dopo il declassamento di Moody’s dovrebbe essere chiaro a tutti con quale attenzione le istituzioni europee e gli analisti finanziari stiano seguendo la politica italiana, rubando il mestiere ai politologi. È dunque il problema del «dopo Monti» a tenere banco e per capire come siamo messi propongo un piccolo esperimento, definendo una «situazione ideale» e misurando poi gli scostamenti della realtà rispetto ad essa.

(continua a leggere sulla rassegna stampa Treccani)