L’IPS ci cambierà la vita?

È come il GPS, ma serve per orientarsi all'interno degli edifici e potrebbe cambiare il nostro modo di interagire con i luoghi e con le persone

Ogni giorno sulle nostre teste circola uno sciame di 31 satelliti, che ci aiuta a trovare la strada verso casa, la farmacia più vicina e a far seguire le giuste rotte a navi e aeroplani. Sviluppato a partire dai primi anni Settanta e reso del tutto operativo nel 1994, il Global Positioning System (GPS) continua a essere il sistema di localizzazione geografica più usato al mondo, anche se negli ultimi anni sono nati diversi progetti paralleli per soluzioni alternative in grado di offrire informazioni più precise. Il segnale GPS ha il difetto di essere particolarmente debole, cosa che a volte rende il sistema a volte poco affidabile e sempre inutilizzabile al chiuso, gallerie e sottopassaggi stradali compresi. Per superare questo difetto, da tempo i produttori di dispositivi sono al lavoro per realizzare soluzioni alternative, basate sullo sfruttamento di altri dati provenienti, per esempio, dai punti di accesso WiFi e dai ripetitori cellulari.

Della possibilità di realizzare un sistema analogo a quello del GPS, ma per gli ambienti chiusi, si è tornato a parlare molto negli ultimi mesi in seguito alla diffusione su Google Maps delle prime mappe di particolari edifici aperti al pubblico come biblioteche, stazioni, aeroporti e centri commerciali. Il problema è che per ora non esiste uno standard unico, come quello del GPS, e di conseguenza i vari produttori di dispositivi stanno creando soluzioni autonome per tracciare i propri spostamenti al chiuso.

Google, per esempio, sfrutta le varie reti WiFi che si trovano all’interno degli edifici che ha mappato. Sapendo dove sono collocati i vari punti di accesso, i loro segnali possono essere triangolati in base all’intensità per determinare il punto in cui ci si trova e avere indicazioni per trovare un determinato punto di interesse. Nokia ha adottato una soluzione simile, che si basa sul sistema per la trasmissione di dati a corto raggio Bluetooth. L’idea in questo caso è quella di collocare negli edifici un certo numero di piccoli ripetitori, collegandosi ai quali gli smartphone potrebbero determinare la loro posizione nello spazio. Altri ancora stanno sperimentando sistemi basati sugli infrarossi, come quelli dei comuni telecomandi dei televisori, e soluzioni che sfruttano l’analisi acustica degli ambienti in cui ci si trova.

Come spiega Sebastian Anthony su ExtremeTech, il produttore di componenti elettronici Broadcom ha presentato la scorsa settimana un nuovo chip compatibile con le nuove soluzioni di “indoor positioning system” (IPS, sistema di posizionamento per gli ambienti coperti). Il chip funziona sfruttando diverse soluzioni fino a ora sperimentate, compresi i segnali WiFi e quelli del Bluetooth. Il componente di Broadcom riesce anche a elaborare i dati forniti da altri sensori ormai molto comuni negli smartphone come gli accelerometri e i giroscopi, sistemi che servono per far capire alle applicazioni l’orientamento e la posizione del telefono. E proprio usando i dati dei sensori, il chip potrebbe stabilire la propria posizione in un luogo chiuso anche senza usare WiFi o altri segnali. Gli basterebbe rilevare il punto di ingresso nell’edificio attraverso il GPS e poi contare i passi con l’accelerometro, la direzione presa con la bussola e con il giroscopio e gli spostamenti in altezza con l’altimetro.

Il nuovo sistema, dice Anthony, è in avanzata fase di sviluppo e potrebbe essere disponibile a breve sugli smartphone. Con sistemi standard condivisi, l’IPS potrebbe essere adottato in un paio di anni, offrendo nuove opportunità per chi produce le applicazioni e naturalmente per chi le utilizza. Essendo del tutto autonomo e indipendente dalle reti WiFi, il sistema avrebbe anche il vantaggio di dare maggiori garanzie sulla privacy agli utenti. Gli smartphone ricostruirebbero la loro posizione all’interno degli edifici senza trasmettere alcuna informazione verso l’esterno, salvo nel caso di particolari servizi per ottenere dati aggiuntivi sui luoghi che ci circondano (trovare il gelataio più vicino nel centro commerciale, o la sezione “Storia” in libreria, per esempio).

L’IPS potrebbe essere utilizzato come un pedometro di nuova generazione, con funzionalità ancora più avanzate di quelle oggi disponibili sugli smartphone che usano il servizio Nike+, per tenere traccia della propria attività fisica. Uno smartphone con IPS potrebbe contare quanti passi vengono realizzati ogni giorno, quanti gradini vengono saliti e calcolare il numero di calorie consumate. Il sistema potrebbe anche calcolare quanto tempo viene trascorso in un dato edificio, quanti minuti vengono trascorsi in palestra e su quali attrezzi.

Le informazioni raccolte dell’IPS potrebbero essere poi elaborate da servizi esterni, come già avviene oggi con il GPS. Una applicazione di un museo potrebbe, per esempio, guidare i visitatori e illustrare le opere esposte attraverso lo smartphone senza il bisogno di un’audioguida. Il sistema potrebbe anche ricostruire particolari mappe per mostrare i luoghi in cui di solito si spendono più soldi, o dare informazioni su particolari offerte commerciali. L’IPS potrebbe anche essere usato dai social network per creare nuove funzionalità e sistemi più affidabili degli attuali per condividere la propria posizione con i propri amici, fare nuove conoscenze e scoprire nuovi luoghi consigliati dalle persone cui si è iscritti cambiando ulteriormente il nostro modo di interagire con le persone e con determinati luoghi.