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  • Giovedì 5 gennaio 2012

La nuova politica militare di Obama

Cinque cose da sapere sul piano che prevede tagli da 450 miliardi, soldati più specializzati e più attenzione su Asia e Pacifico

Durante una rara visita presidenziale al Pentagono, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha presentato oggi le linee guida della politica militare statunitense per i prossimi anni: nella sede del Dipartimento della Difesa, Obama ha presentato il breve documento (sole otto pagine di testo, più tre di introduzione) che le contiene, che si intitola Sustaining U.S. Global Leadership: Priorities for 21st Century Defense.

Il piano presentato da Obama ha diversi punti di rottura rispetto al passato, e in particolare rispetto all’era Bush. Anche la presentazione del piano, che Obama ha fatto a fianco del ministro della difesa Leon Panetta, ha avuto un elemento di novità: secondo quanto riporta il New York Times, funzionari del governo dicono che è la prima volta che un presidente in carica degli Stati Uniti (che mantiene anche il ruolo di comandante supremo dell’esercito) tiene una conferenza stampa al Pentagono.

1. L’Asia e il Pacifico
L’attenzione militare statunitense si concentrerà sull’Asia e sull’area del Pacifico. Questo significa maggiori investimenti nel settore navale e aereo, a scapito delle forze di terra, e la chiara individuazione del principale nemico e del maggior concorrente sul piano militare rispettivamente nell’Iran e nella Cina.

2. Tagli alla difesa
Nei prossimi dieci anni, le spese per la difesa riceveranno un taglio di almeno 450 miliardi di dollari (circa 350 miliardi di euro). Altri 500 – 600 di dollari miliardi verranno tagliati se il Congresso non troverà un accordo su un piano alternativo. Tra i tagli, anche il costosissimo piano per la costruzione dei nuovi aerei da combattimento F-35, i cui costi sono già lievitati dal momento del lancio e che in Italia (che partecipa al progetto e ha ordinato oltre 130 aerei) hanno provocato una recente polemica dopo l’approvazione dell’ultima manovra finanziaria, potrebbe subire rimandi e rallentamenti. Nonostante la riduzione di spesa, ha detto Obama, “gli Stati Uniti manterranno la superiorità militare”.

3. Un esercito diverso
Il nuovo esercito statunitense, nell’arco dei prossimi anni, dovrebbe andare incontro a un cambiamento che lo renderà meno adatto a vaste invasioni via terra. Questo si dovrebbe tradurre in una riduzione del personale delle forze armate, in particolar modo dell’esercito e del corpo dei marines. L’amministrazione non ha fornito dettagli sulla riduzione numerica del personale, ma fonti vicine al governo parlano di tagli all’organico tra il 10 e il 15 per cento nei prossimi dieci anni, da effettuare con gradualità, che si traduce in decine di migliaia di unità e che dovrebbe ridurre il numero dei soldati a 490.000 al termine del processo. Le undici portaerei attualmente attive non saranno diminuite.

4. Fine del nation building
Le modifiche dell’esercito e i tagli alla difesa comportano la fine delle invasioni su larga scala via terra, come quelle dell’Iraq e dell’Afghanistan avviate durante l’era Bush, ma anche la fine di prolungate campagne di controinsurrezione come quelle che sono state portate avanti nei due paesi.

5. Il lato politico
Il rapporto tra Obama e il settore militare non è stato facile, sin dall’inizio della sua presidenza, ma l’ultimo documento ha il pregio, dal punto di vista di Obama, di rendere i futuri tagli alla difesa solo un aspetto tutto sommato secondario all’interno di un’impostazione nuova del discorso militare. I Repubblicani hanno spesso criticato Obama per i tagli alla difesa e per la gestione delle minacce iraniane, ma a questo proposito il presidente ha sottolineato che “eviterà gli errori del passato, quando il nostro apparato militare venne lasciato impreparato davanti al futuro”, investendo nei servizi segreti, nella guerra informatica e nell’antiterrorismo. Il riferimento, anche se quelli espliciti sono stati alla Seconda guerra mondiale e al Vietnam, è anche alle pesanti accuse di disorganizzazione e di inefficienza che arrivarono ai servizi segreti americani, durante la presidenza Bush, per non aver saputo prevedere e per come reagirono agli attentati dell’11 settembre.