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  • Mercoledì 30 novembre 2011

Parmalat, Geronzi e Arpe

Perché sono stati condannati ieri due dei più importanti banchieri italiani, cose di milioni e acque minerali

Martedì i due banchieri Cesare Geronzi e Matteo Arpe sono stati condannati in primo grado rispettivamente a 5 anni e a 3 anni e 7 mesi dal Tribunale di Parma. Geronzi è stato condannato per bancarotta fraudolenta e usura aggravata, mentre Arpe per bancarotta fraudolenta. Il procedimento giudiziario riguarda le irregolarità nell’acquisto dell’azienda di acque minerali Ciappazzi da parte del gruppo Parmalat, allora di proprietà di Calisto Tanzi. Nel processo sono stati condannati anche tutti gli altri sei imputati, dirigenti o ex dirigenti degli istituti bancari coinvolti nella vicenda.

Il processo Ciappazzi e la Parmalat
Nel gennaio del 2002 Calisto Tanzi, oggi 73 anni, allora proprietario dell’azienda alimentare Parmalat, acquistò l’azienda di acque minerali Ciappazzi, con sede in provincia di Messina e in pessime condizioni. La Ciappazzi era di proprietà del gruppo Ciarrapico, che faceva capo a Giuseppe Ciarrapico, 77 anni, attualmente senatore del Popolo della Libertà.

Ciarrapico era molto indebitato nei confronti del gruppo bancario romano Capitalia, di cui era presidente Cesare Geronzi. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Geronzi fece pressioni su Tanzi e riuscì ad ottenere che questi comprasse l’azienda di Ciarrapico a un prezzo molto superiore all’effettivo valore, in modo da diminuire i rischi di Capitalia collegati ai debiti del gruppo Ciarrapico. Solo a questa condizione, secondo l’accusa, al gruppo di Tanzi sarebbe arrivato un finanziamento di 50 milioni, necessario a ripianare parte dei debiti della società turistica Parmatour, di proprietà di Tanzi e in cattive condizioni finanziarie. In questa seconda operazione, un prestito concesso dalla banca di Roma (parte di Capitalia) a tassi usurari, sarebbe entrato in gioco Matteo Arpe, 47 anni, allora amministratore delegato della banca.

Oltre alle pene detentive, il Tribunale di Parma ha condannato Geronzi e Arpe a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e a dieci anni di interdizione dall’esercizio di impresa (ovvero l’impossibilità di essere titolari di un’impresa o ricoprire incarichi di dirigenza). Il gruppo bancario UniCredit è stato condannato a un risarcimento alle parti civili nel processo, dato che nel 2007 Capitalia si è fusa con UniCredit.

Chi sono Cesare Geronzi e Matteo Arpe
Cesare Geronzi ha 76 anni ed è un banchiere e dirigente di diverse aziende italiane ritenuto uno degli uomini più potenti dell’establishment finanziario italiano. Nel corso della sua lunga carriera è stato dirigente di diversi istituti bancari romani, e in particolare, dal 1982, della Cassa di Risparmio di Roma, diventata Banca di Roma dopo la fusione con altri due istituti bancari. Nel 2002 Banca di Roma, dopo diverse altre acquisizioni in tutta Italia (dal Banco di Sicilia alla Banca Popolare di Brescia) cambia di nuovo nome e diventa Capitalia. Geronzi è stato inoltre presidente, dal 2008, della banca milanese Mediobanca, da cui si è dimesso nell’aprile del 2010 per diventare presidente delle Assicurazioni Generali, la più grande compagnia assicurativa italiana, posseduta in parte da Mediobanca, dopo uno scontro di poteri molto intenso che lo ha visto sconfitto. Da quest’ultima carica si è dimesso ad aprile del 2011. Geronzi è stato coinvolto in vario grado in diverse vicende giudiziarie, dal fallimento del Perugia Calcio ad alcuni processi collegati al fallimento della Parmalat, e condannato a luglio scorso dal Tribunale di Roma (a quattro anni) per il fallimento dell’azienda alimentare Cirio. Ha partecipazioni in diverse imprese editoriali e pubblicitarie.

(Il crepuscolo di Geronzi?)

Matteo Arpe, milanese di 47 anni, è un banchiere che ha lavorato in Mediobanca e nella Banca di Roma, poi Capitalia, di cui è stato amministratore delegato dal 2003 alla fusione con UniCredit. Attualmente lavora al gruppo finanziario Sator, che ha contribuito a fondare nel 2007. Un mese fa aveva tentato di diventare consigliere delegato della Banca Popolare di Milano. Il processo per la vicenda Ciappazzi è la sua prima condanna giudiziaria.

foto: Roberto Monaldo/LaPresse