I microlavori in rete

Riccardo Staglianò di Repubblica ha provato a dedicarsi agli impieghi online a cottimo pagati tra i dieci centesimi e il mezzo euro

CHICAGO, IL – JUNE 22: U.S. coins are displayed at the Money Museum in the Federal Reserve Bank of Chicago June 22, 2011 in Chicago, Illinois. Established in 1914 the Chicago Fed is one of 12 regional Reserve banks that make up the nation’s central bank which helps formulate the nation’s monetary policy. Today the central bank said the economy will expand slower than previously thought, marking the second time this year that Fed officials lowered their forecasts for growth. (Photo by Scott Olson/Getty Images)

CHICAGO, IL – JUNE 22: U.S. coins are displayed at the Money Museum in the Federal Reserve Bank of Chicago June 22, 2011 in Chicago, Illinois. Established in 1914 the Chicago Fed is one of 12 regional Reserve banks that make up the nation’s central bank which helps formulate the nation’s monetary policy. Today the central bank said the economy will expand slower than previously thought, marking the second time this year that Fed officials lowered their forecasts for growth. (Photo by Scott Olson/Getty Images)

Domenica Riccardo Staglianò ha raccontato su Repubblica la crescente attività del microlavoro online, e il suo esperimento con i siti che offrono centesimi per impieghi piccoli e veloci, in maggior parte di promozione e pubblicità in rete:

Microlavoratori di tutto il mondo, uniamoci. Le nuove corvée digitali non devono coglierci impreparati. Ieri sera, per dire, ne ho fatte cinque diverse. Trascritto un biglietto da visita. Redatto una breve recensione cinematografica. Tentato di descrivere delle foto piuttosto astratte con parole chiave il più possibile sensate. Finto di entusiasmarmi per un sito di scommesse online, dandogli un “mi piace” su Facebook. E infine cliccato su due diverse pubblicità di Google di negozi che vendono abiti da matrimonio, come se dovessi sposarmi a breve. Questa febbrile, innaturale, mercenaria attività internettiana mi ha preso quasi un’ora. Per un compenso complessivo di 1 dollaro e 65 centesimi. Si scrive crowdworking, lavoro della folla, è sembra una cosa bella, democratica, che profuma di futuro. Ma si legge cottimo 2.0, e puzza di laboratori clandestini, sfruttamento e alienazione di un passato dickensiano o di un presente cantonese. In un gioco al ribasso delle retribuzioni che non conosce tregua.

Piccolo passo indietro. Il tasso di occupazione nel mondo si è ristretto. Siamo passati in vent’anni dal 62,3 al 61,2 per cento. Il fenomeno è particolarmente acuto in occidente. Dal 2007 al 2010 la disoccupazione giovanile in Spagna è passata dal 18 al 41 per cento, in Irlanda dal 9 al 28, in Italia dal 20 al 28. Un recente rapporto McKinsey distingue tra mestieri trasformativi, transazionali e interazionali. I primi, manifatturieri, sono stati i primi a traslocare in oriente, dove costavano dieci volte meno. I secondi, routinari come i call centre o i servizi di sportello, vengono sempre più automatizzati, ma l’elemento umano ancora prevale. I terzi, ad alto valore aggiunto, sono gli unici a non temere la concorrenza delle macchine. I microlavori della mia notte internettiana, le cui offerte si moltiplicano sul web, si collocano sul confine mobile tra l’uomo e la macchina. Per adesso sono compiti una tacca sopra rispetto alle capacità cognitive di un algoritmo. E vengono retribuiti di conseguenza. Un centesimo, cinque, cinquanta.

(Continua a leggere sul blog di Riccardo Stagliano)