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  • Mercoledì 19 ottobre 2011

Perché UniCredit è sotto inchiesta

Alessandro Profumo è accusato insieme ad altri manager di aver organizzato grandi operazioni finanziarie per evadere il fisco

La procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati l’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo e altri diciannove manager della banca con sede in Italia e della banca inglese Barclays. L’accusa è di frode fiscale, un reato per cui è prevista una pena tra i 18 mesi e i sei anni di reclusione. Il tribunale di Milano ha anche ordinato il sequestro di 245 milioni di euro di UniCredit, che sarebbero l’equivalente di quanto evaso al fisco italiano attraverso le presunte operazioni illecite nel corso del 2007 e del 2008, su cui la procura indaga da diversi anni. La Guardia di Finanza ha bloccato la cifra dal conto corrente che Unicredit ha presso la Banca d’Italia.

Alessandro Profumo è stato a capo di UniCredit, il gruppo bancario italiano tra i più grandi del mondo, dal 1998 al settembre 2010. (L’attuale amministratore delegato del gruppo è Federico Ghizzoni.) Profumo è considerato vicino al Partito Democratico, e negli ultimi mesi si è parlato di un suo coinvolgimento in politica. Tra gli altri indagati ci sono tre manager di Barclays, compreso il vicepresidente Rupack Chandra, e i responsabili di UniCredit della Direzione Programmazione-finanza-amministrazione, dell’area finanziaria e dell’area fiscale.

Un’operazione finanziaria molto complessa
La frode fiscale, secondo quanto riportano i giornali di oggi, sarebbe stata commessa con strumenti finanziari molto complessi che coinvolgono Barclays, UniCredit e una società lussemburghese creata da Barclays chiamata LuxSub. Profumo è indagato perché avrebbe dato l’approvazione definitiva, nel suo ruolo di amministrazione delegato, alle operazioni che sono oggetto dell’indagine.

Il meccanismo ruota intorno alla differenza tra le tasse che si pagano sugli interessi e le tasse che si pagano sui dividendi azionari, la parte di utile che viene distribuita da una società ai suoi azionisti. Mentre le cifre guadagnate con gli interessi sono interamente tassate, i dividendi azionari in Italia vengono tassati al 5 per cento. Secondo l’accusa, UniCredit e Barclays avrebbero creato un meccanismo proprio per trasformare “artificialmente” interessi in dividendi su una cifra molto grande, intorno ai 750 milioni di euro.

Nel 2007, Barclays avrebbe creato uno strumento finanziario di nome “Brontos” attraverso la società lussemburghese LuxSub, che poi avrebbe proposto a diverse banche e istituti finanziari europei, tra cui UniCredit. “Brontos” era costituito da titoli in parte azionari e in parte obbligazionari in lire turche, dato che in Turchia gli interessi finanziari sono molto più alti rispetto a quelli di paesi come l’Italia o il Regno Unito.

Il punto sta proprio nel genere di introiti che garantiva l’investimento di “Brontos”: secondo l’accusa si trattava di interessi attivi, come quelli che si ottengono quando si danno soldi a un investitore e questo promette di restituirli dopo un certo periodo di tempo con un interesse, e su cui in Italia si pagano tasse sul 100 per cento della cifra. Attraverso una serie di operazioni intermedie, che coinvolgono la sede di Milano di Barclays, UniCredit sarebbe riuscita a trasformarli, per il fisco, in introiti simili a quelli garantiti dalle azioni, i dividendi, che sono teoricamente molto più rischiosi e che in Italia vengono tassati solo per il 5 per cento della cifra.

La cifra su cui UniCredit non avrebbe pagato le tasse sarebbe di 745 milioni di euro, e il tribunale ha disposto il sequestro dei soldi che UniCredit avrebbe dovuto pagare, 245 milioni di euro. Secondo il Sole 24 Ore, è la prima volta che avviene un sequestro di questo tipo.

Le analisi
Milano Finanza aggiunge che UniCredit stava cercando un accordo con il fisco per versare circa 100 milioni di euro per regolarizzare la propria posizione, e che operazioni simili a quella per cui è indagato Profumo sarebbero state compiute da diverse altre grandi banche italiane. Il Sole 24 Ore scrive che, per la complessità delle operazioni finanziarie, l’accusa di frode fiscale sarà molto difficile da provare durante il processo, ma l’inchiesta appare a molti osservatori come un primo tentativo di intervenire contro l’uso di strumenti finanziari molto complessi potenzialmente utili per evadere il fisco da parte delle grandi banche italiane, e potrà aprire la strada ad altre indagini simili in futuro.

foto: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images