HP non farà più computer?

Hewlett Packard ha annunciato il prossimo abbandono della produzione dei pc, per concentrare gli sforzi su software e servizi per le aziende

Ieri il consiglio di amministrazione di Hewlett Packard (HP), il più grande produttore di personal computer al mondo, ha confermato di essere al lavoro per abbandonare la produzione dei PC per concentrarsi meglio sulla creazione di sistemi informatici per le aziende. L’annuncio segna un momento storico per HP e secondo molti analisti è la concreta dimostrazione di quanto rapidamente stia cambiando l’informatica, sulla scia del successo dei tablet e degli smartphone, ambito in cui la HP non è riuscita a imporsi nonostante un enorme investimento di risorse.

Le modalità della separazione del settore PC non sono al momento ancora chiare. HP potrebbe optare per una separazione parziale, mantenendo quindi un minimo di controllo, oppure per un completo abbandono con la vendita delle attività al miglior offerente. Il piano di riorganizzazione prevede anche la prossima chiusura dell’area che si occupava della progettazione e dello sviluppo dei tablet, rinunciando a fare concorrenza a Samsung e Apple, e l’acquisizione per 10,25 miliardi di dollari della società informatica Autonomy che produce servizi informatici per le aziende.

Negli ultimi mesi all’interno del consiglio di amministrazione di HP ci sono stati numerosi avvicendamenti, che hanno anche portato alla nomina di un nuovo amministratore delegato, Leo Apotheker. Le incertezze alla guida della società e gli effetti della crisi economica hanno scoraggiato gli investitori, portando il titolo in Borsa a perdere diversi punti e obbligando i responsabili di HP a rivedere più volte i loro piani di crescita.

Analisti e investitori attendevano da tempo qualche novità da HP, ma si pensava principalmente a qualche grande acquisizione e non alla cessione del settore simbolo dell’azienda come quello della produzione dei PC. A inizio anno Apotheker aveva detto che per HP avere una clientela così radicata tra i privati era un grande vantaggio sul fronte della concorrenza, ma a distanza di pochi mesi i dati sull’andamento della società gli hanno fatto cambiare idea: «Per avere successo nell’area dei dispositivi per i singoli consumatori dovremmo investire un enorme capitale e penso lo si possa investire meglio in altre attività».

Anche abbandonando l’area dei PC, spiega il Wall Street Journal, l’azienda potrebbe comunque rimanere una delle più grandi società informatiche del mondo. Nell’ultimo trimestre il settore che si occupa della produzione dei personal computer è rimasto il più importante con 9,59 miliardi di dollari di ricavi, ma la differenza rispetto all’area che si occupa dei servizi per le aziende si è assottigliata notevolmente considerato che ha portato a 9,1 miliardi di dollari di ricavi. Anche senza il settore dei personal computer, HP rimarrebbe comunque una delle più grandi società produttrici di server e dei sistemi per la trasmissione e la memorizzazione dei dati.

HP è inoltre il primo produttore al mondo di stampanti. La divisione che si occupa dei prodotti per la stampa ha portato nell’ultimo trimestre a 6,09 miliardi di dollari di ricavi e a 892 milioni di dollari di profitti. I margini sono alti perché la società riesce a fare molti soldi grazie alla vendita delle cartucce di inchiostro per le sue stampanti.

Nei bilanci della società è prevista una voce da un miliardo di dollari per la chiusura di tutte le attività legate alla progettazione e alla produzione di smartphone e tablet. Appena un anno fa, HP aveva speso 1,2 miliardi di dollari per entrare in possesso di Palm, società informatica diventata famosa grazie ai propri dispositivi mobili e successivamente caduta in disgrazia, rilevata dall’azienda informatica per creare prodotti in grado di competere con Apple e con gli smartphone che utilizzano Android. Insieme a Palm, HP ha realizzato e messo sul mercato il mese scorso il tablet TouchPad, fino a ora un clamoroso flop commerciale con poche migliaia di dispositivi venduti.

Il settore dei PC nell’ultimo trimestre ha generato profitti per 567 milioni di dollari, il tre per cento in meno rispetto allo scorso anno. Gli analisti stimano che l’abbandono di questa area consentirà alla società di avere margini di profitto più alti, anche se comporterà una riduzione dei ricavi di circa un terzo.

Le cose sono cambiate molto rapidamente, nel complicato ambito della produzione dei personal computer. Una decina di anni fa, HP si diede da fare per la controversa acquisizione della società concorrente Compaq spendendo 25 miliardi di dollari. L’operazione fu condotta per rafforzare HP nella vendita di personal computer e fu seguita qualche anno dopo dall’abbandono di IBM del settore PC, venduto alla società cinese Lenovo. Ora HP si appresta a fare qualcosa di simile a IBM, lasciando perdere i personal computer e concentrandosi maggiormente sui servizi informatici per le aziende.

Inizialmente sembra che Apotheker fosse intenzionato a mantenere tutte le attività della società, cercando soluzioni alternative per trovare il denaro necessario per aumentare la presenza di HP nella produzione di software aziendali. I conti della società parlavano però chiaro: per avere sufficienti risorse l’unica possibilità rimaneva la separazione del settore personal computer dagli altri. Valutato l’andamento delle vendite dei PC in tutto il mondo, il CEO della società si è infine convinto che quella fosse la soluzione migliore.

Un primo passo verso la ristrutturazione di HP è stato l’acquisizione di Autonomy, società informatica in forte crescita e che ha generato 870 milioni di dollari di ricavi nel 2010 e che potrebbe raggiungere il miliardo quest’anno. La società produce software per migliorare la gestione della posta elettronica, delle telefonate e degli archivi di dati delle società, un’area cui HP è molto interessata in visione della sua riorganizzazione. Analisti e investitori attendono intanto i dettagli sulle modalità di dismissione dell’area PC e sui possibili acquirenti. In seguito all’annuncio sembra che una decina di fondi di investimento abbiano espresso il loro interessamento.