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  • Lunedì 25 luglio 2011

Le elezioni in Egitto si faranno a novembre

Si voterà contemporaneamente per entrambe le camere ma senza osservatori internazionali, ha deciso la giunta

Egyptian soldiers stand guard behind barbed wire as protesters demonstrate outside the defence ministry, the headquarters of the Supreme Council of the Armed Forces, in Cairo on July 23, 2011 to show their anger at the ruling military's handling of the transition from the former regime. AFP PHOTO/MOHAMED HOSSAM (Photo credit should read MOHAMED HOSSAM/AFP/Getty Images)
Egyptian soldiers stand guard behind barbed wire as protesters demonstrate outside the defence ministry, the headquarters of the Supreme Council of the Armed Forces, in Cairo on July 23, 2011 to show their anger at the ruling military's handling of the transition from the former regime. AFP PHOTO/MOHAMED HOSSAM (Photo credit should read MOHAMED HOSSAM/AFP/Getty Images)

La Commissione elettorale egiziana ha deciso che le elezioni parlamentari si svolgeranno a novembre, anche se non è stata ancora fissata una data precisa. Si voterà in contemporanea per entrambe le camere e la regolarità dello svolgimento del voto sarà supervisionata da una commissione di giudici. Non è stato ancora stabilito se se gli egiziani all’estero potranno votare.

La commissione, che è presiediuta da Abdul Moaez Ahmed Ibrahim, è stata costituita lo scorso 19 luglio durante un incontro dell’attuale consiglio che guida il paese. In quell’occasione la giunta ha anche stabilito che gli osservatori internazionali non avranno il permesso di monitorare lo svolgimento delle elezioni, spiegando che si sarebbe trattato di un pericolo per la sovranità dell’Egitto. La decisione è stata criticata dalle organizzazioni per i diritti umani e sabato alcune ONG hanno tenuto una conferenza stampa accusando la giunta di mettere a rischio la trasparenza delle elezioni e di aver preso una decisione che spettava invece alla Commissione elettorale.

La decisione di stabilire una data per le elezioni è stata probabilmente accelerata dall’intensificarsi delle proteste contro il governo transitorio di fatto gestito dalla giunta militare. I manifestanti la accusano di avere tradito lo spirito della rivoluzione e di non avere avviato le riforme di cui il paese avrebbe bisogno e chiedono che vengano allestite al più presto le elezioni. L’ultima manifestazione per chiedere le dimissioni della giunta si è svolta sabato scorso quando migliaia di persone hanno cercato di raggiungere il quartier generale dei militari al Cairo prima di venire fermati da altri sostenitori del consiglio che li hanno aggrediti con bastoni e coltelli. Alcuni civili si sono schierati davanti ai blocchi militari e hanno iniziato a lanciare sassi e almeno sei bombe incendiarie contro i manifestanti. I manifestanti hanno risposto lanciando a loro volta delle pietre raccolte da terra. Circa 300 persone sono rimaste ferite negli scontri. Il giorno prima c’erano state delle proteste ad Alessandria e la polizia aveva sparato dei colpi in aria per disperdere i manifestanti che avevano bloccato la strada principale.

Lo scorso 18 luglio il primo ministro egiziano, Essam Sharaf, ha nominato dodici nuovi ministri per cercare di placare le proteste dei manifestanti. Negli ultimi mesi piazza Tahrir, il luogo simbolo della rivolta contro l’ex presidente Mubarak, è tornata a ospitare una nuova protesta contro il governo transitorio di fatto gestito dalla giunta militare, accusata di avere tradito lo spirito della rivoluzione e di non avere avviato le riforme di cui il paese avrebbe bisogno. «Il potere è ancora nelle mani dei generali di Mubarak», dicono i manifestanti.

foto: MOHAMED HOSSAM/AFP/Getty Images