Ieri in Regno Unito si sono svolte le elezioni suppletive per la Camera dei Comuni nel collegio di Barnsley, nel South Yorkshire. Il collegio è storicamente laburista: dal 1987 ha eletto un deputato, Eric Illsley, che un anno fa è stato accusato di falso in bilancio ed è stato espulso dal suo partito. Un mese fa Illsley si è dimesso, poco prima di essere condannato a un anno di carcere, e il suo seggio è rimasto vacante. Le elezioni suppletive sono state vinte da un altro laburista, Dan Jarvis, ma la notizia è il crollo verticale dei liberaldemocratici. Il candidato dei Libdem è arrivato sesto, battuto non solo dai candidati del partito laburista e conservatore, ma anche dagli estremisti di destra del BNP e dello UKIP e un altro partito locale.
Si è trattato solo di un’elezione locale ma il dato sui Libdem conferma una tendenza che comincia da molto lontano. Dopo la rapida ascesa dei liberaldemocratici durante la campagna elettorale – si ricorderà la cosiddetta “Cleggmania” che campeggiava anche sulle pagine di esteri dei giornali italiani – il gradimento nei confronti dei Libdem ha conosciuto solo passi indietro. In meno di un anno si è passati dal 34 per cento della “Cleggmania” al 22 per cento delle elezioni fino al 10 per cento degli ultimi mesi. Senza contare che a più riprese i sondaggi li hanno dati addirittura sotto: all’8 per cento, al 9 per cento.
Nick Clegg, leader del partito nonché vicepremier, è in questo momento uno dei politici più impopolari del Regno Unito, avversato con la stessa insofferenza dai suoi antagonisti e dal suo elettorato. La ragione fondamentale è l’alleanza con i Conservatori. La posizione dominante dei Conservatori nella coalizione e nell’opinione pubblica ha di fatto prosciugato l’iniziativa politica dei LibDem, costringendoli ad accettare e sostenere misure e provvedimenti tutt’altro che graditi al proprio elettorato. Tra questi le operazioni militari in Iraq e in Afghanistan, che Clegg aveva molto avversato, o l’aumento delle tasse universitarie, cui il partito era inizialmente contrario. Tutto per ottenere poco o niente, forse nemmeno l’agognata riforma elettorale.
La violenza con cui gli elettori si sono scagliati contro i Libdem era in qualche modo prevedibile. L’elettorato liberaldemocratico è storicamente molto più ideologizzato e impaziente dei suoi leader di partito e non è estraneo ad accuse di tradimento così virulente. I dirigenti dei Libdem non sono privi di responsabilità, in questo senso: sono loro che per anni hanno tentato di smontare il bipartitismo britannico a colpi di argomenti e attacchi violenti e demagogici. Lo stesso Clegg, per dire, ha definito per mesi l’ex premier Blair “bugiardo” e la guerra in Iraq “illegale”, sebbene nessun tribunale e nessun’inchiesta lo avesse giudicato tale. Qualche mese fa una frase del genere gli è costata un guaio alla Camera dei Comuni e rimprovero da parte dei Conservatori; ora quella stessa virulenza si è rivolta contro di lui.
È probabile che al prossimo congresso di partito i Liberaldemocratici decidano di rimuovere Clegg e sostituirlo con qualcun altro: magari con Chris Huhne, suo rivale storico. I Conservatori, intanto, non vedono l’ora di liberarsi dei Liberaldemocratici. L’unica cosa che li frena da indire le elezioni anticipate è la salute mostrata nei sondaggi dal partito laburista, che oggi sarebbe il primo partito del paese. Se però nei prossimi mesi, magari grazie a un miglioramento della situazione economica nel paese, i sondaggi per i conservatori dovessero dare segnali migliori, Cameron potrebbe avvalersi di una snap election nel tentativo di tornare al governo da solo, con maggiore libertà e senza un partito che vede come una zavorra. L’aria che tira, però, non gli consente imprudenze.
foto: Christopher Furlong/Getty Images