La facciamo finita?

Poi arriva un momento in cui ci si ricorda di come sono i paesi normali, e si pretendono le dimissioni di Silvio Berlusconi. Ora.

Italian Prime Minister Silvio Berlusconi gives his end of the year press conference at Villa Madama in Rome on December 23, 2010. AFP PHOTO / ANDREAS SOLARO (Photo credit should read ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)
Italian Prime Minister Silvio Berlusconi gives his end of the year press conference at Villa Madama in Rome on December 23, 2010. AFP PHOTO / ANDREAS SOLARO (Photo credit should read ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images)

“Faccende private” ormai fa ridere. La dimensione e la qualità delle pretese faccende private di Silvio Berlusconi hanno raggiunto livelli che riuscire a spiegare ai colleghi stranieri che le cose sono più complesse, che in Italia in questi anni si sono sviluppati fenomeni sociali ampi di cui Berlusconi è stato sintomo, animatore e corollario, e in modi diversi, e che la macchietta del pagliaccio donnaiolo è superficiale e offensiva per spiegare un intero paese, beh, è diventato impossibile: ci siamo arresi, è un pagliaccio donnaiolo. Ma le opinioni degli altri non sono la priorità, in questo momento.

Non è la priorità nemmeno una revisione in peggio della lettura di questi anni da cui avevamo cercato di tenerci alla larga, che pure forse andrà fatta: il paese ha litigato per due decenni sulla giustizia, sull’informazione, sulla laicità, sulla cultura, sull’inizio della vita e la fine della vita – temi altissimi benché discussi con deprimente approssimazione – ma quando riusciremo a guardarlo da lontano rischiamo di vedere scene di film porno con anziani.

La priorità adesso è una soltanto, ed è che Berlusconi si dimetta. E se non è in grado – è un uomo di cui si intravedono scelte, azioni e ragionamenti “nella vita privata” che lasciano pensare a una sua scarsissima capacità di discernimento – se ne deve occupare il resto del Paese, a cominciare dai suoi alleati politici e dai suoi sfiniti oppositori. È una richiesta che suona incredibilmente banale e insufficiente – produce uno sbuffo, un “sì, vabbè”, persino in noi stessi – tanto è stata inflazionata e superata in questi anni. Le nostre teste ormai si aspettano epiloghi circensi, asserragliamenti televisivi, biografie epiche, colpi di scena inauditi, per un percorso come quello che si è sviluppato tra l’Italia e Berlusconi in questi anni: dimissioni? Tutto lì?

E invece la restituzione alla normalità dell’Italia non passa per l’attesa che questa normalità arrivi da sé, passa per il riprendere comportamenti normali, tutti (salvo lui, esentato per palese inadeguatezza). Non è lontanamente immaginabile in nessun paese democratico, civile e moderno (e lo si immagina con fatica anche in quelli autoritari, incivili e arretrati) un quadro di vita, scelte e comportamenti come quello che circonda il PresdelCons, reati o no. È il capo di questo paese, dannazione. Chiunque concorra alla sopravvivenza politica di questa situazione senza fare ogni cosa possibile per esaurirla e toglierne gli italiani che gliene hanno dato mandato ne è corresponsabile tanto quanto Emilio Fede e Lele Mora, a partire da chi predichi assoluzioni nei confronti del “vecchio porco”, proponendo ancora indulgenze che sono quelle che hanno portato l’Italia verso i suoi disastri. Indulgenza e “c’è di peggio”. Perché è vero che i problemi del paese sono altri (sono anche altri, la dignità nazionale non è una roba da niente), ma è anche vero che la mancata risoluzione di quei problemi discende dalla diffusione e predicazione di modelli comportamentali che riguardano ormai ogni cosa. Non si ricostruisce un paese pagando ammucchiate di ragazzine, nemmeno se lo si fa fuori orario d’ufficio.

Ottenere le dimissioni di questo governo deve essere il primo obiettivo di una volontà di uscirne, se c’è. È piuttosto spiazzante leggere in un comunicato che “il Terzo polo è pronto in caso si dovesse concretizzare l’ipotesi di un nuovo governo non più guidato da Silvio Berlusconi”. Si dovesse concretizzare? E come, la porta la cicogna? Ottenere lo scioglimento di questo governo, rimuovere democraticamente Silvio Berlusconi dal devastato panorama, sono le cose per cui chi ha responsabilità politica deve impegnarsi appena suona la sveglia stamattina. E vale ancora di più per quei parlamentari della maggioranza che si vogliano emancipare dall’immagine di baccanale che le si sta sovrapponendo, compresi quelli leghisti che rischiano di vedere anni di vantate lontananze da Roma culminare nell’approdo a Milano 2, via Olgettina.

Come ha detto ieri sera Massimo Cacciari in tv, non è il profilo penale che ci interessa, è proprio quello non penale. I comportamenti privati di Silvio Berlusconi e della cultura che lo circonda sono esattamente quello a cui vogliamo sottrarre l’Italia e noi stessi. I reati saranno o non saranno perseguiti da chi deve, ma riconquistare una normalità, una corrispondenza ai criteri delle grandi democrazie occidentali, passa per sottrarsi all’abitudine allegra o autocommiserantesi ad avere un PresdelCons come questo. Tutti gli italiani sono come lui? Se anche fosse, qualcuno deve cominciare a cambiare prima degli altri: e il primo ministro è il più indicato. Come scrive oggi l’editoriale di Repubblica “ciò che emerge dalle carte giudiziarie è sufficiente per un giudizio politico di totale inattitudine ad esercitare la leadership governativa e la rappresentanza di una democrazia occidentale. L’incoscienza del limite, la dismisura eretta a regola di vita, la concezione del rapporto tra uomo e donna, uniti insieme danno forma ad un permanente abuso di potere che macchia le istituzioni e offende lo Stato”.

Le dimissioni di Silvio Berlusconi si devono pretendere e ottenere: e un paese che le pretenda è ancora più auspicabile di un paese che le ottenga.