La diplomazia del mango

Hillary Clinton ha annunciato l'apertura delle importazioni del mango dal Pakistan

Durante la sua visita in Pakistan, la settimana passata, il segretario di stato americano Hillary Clinton ha giocato la carta del mango: nei prossimi tre anni gli Stati Uniti – il più grande importatore di mango del mondo – apriranno il loro mercato all’importazione del frutto anche dal Pakistan. «I mango pakistani sono squisiti» ha detto «e spero che presto anche gli americani li potranno gustare». L’iniziativa è parte di un programma triennale da 21 milioni di dollari finalizzato a sostenere l’agricoltura pakistana e punta a migliorare l’immagine degli Stati Uniti in Pakistan, nella speranza che il governo si impegni a collaborare nella guerra in Afghanistan.

Secondo il New York Times, il mango ha già una lunga storia diplomatica alle spalle e quello della Clinton sarebbe solo il capitolo più recente.

La proposta della Clinton arriva tre anni dopo la decisione dell’amministrazione Bush di aprire il mercato americano alle importazioni del mango dall’India, in cambio della possibilità di vendervi Harley-Davidson – una decisione che distese molto i rapporti tra i due paesi in un momento in cui si apprestavano a firmare un accordo sulla produzione di energia nucleare.

Del resto, continua il New York Times, l’importanza del mango nella diplomazia dell’Asia meridionale non dovrebbe destare alcuna sorpresa dal momento che è il frutto nazionale di Pakistan e India e che secondo la maggior parte degli scienziati ha avuto origine proprio in quell’area prima che i monaci buddisti e i persiani lo introducessero anche in altre parti del mondo.

Le autorità di India e Pakistan hanno usato spesso il mango come strumento diplomatico per attenuare le tensioni tra i due paesi, che hanno combattuto tre guerre da quando l’India ha ottenuto l’indipendenza poco più di sessant’anni fa. L’ex presidente pakistano Zia ul-Haq potrebbe essere stato il primo a iniziare questa tradizione quando all’inizio degli anni ottanta si scambiò dei mango con Indira Gandhi in segno di amicizia. Lo scambio avvenne diversi anni prima dell’incidente aereo in cui ul-Haq perse la vita e che secondo alcuni fu causato proprio da una cassa di mango sistemata a bordo dell’aereo pochi minuti prima del decollo e forse spruzzata con un gas velenoso che avrebbe poi ucciso i piloti e gli altri passeggeri.

Ma il mango ha costituito anche una fonte di tensione tra India e Pakistan, che si considerano avversari nel mercato dell’esportazione e si contendono il primato nella produzione dei mango più buoni. Resta da vedere quanto il Pakistan potrà effettivamente beneficiare dal programma americano. L’India per esempio – il maggior produttore mondiale di mango con 13 milioni di tonnellate all’anno – ebbe non poche difficoltà logistiche quando cercò per la prima volta di esportare i mango negli Stati Uniti via mare. Ancora più incerto è l’esito dell’operazione a livello diplomatico: nessuno sa davvero dire quanto i mango potranno aiutare a ridurre l’antiamericanismo ampiamente diffuso in Pakistan e convincere il governo a supportare la guerra in Afghanistan, un passo che le autorità pakistane finora hanno sempre rifiutato di fare.