Forse stavolta avete esagerato

Paolo Berlusconi indagato per ricettazione, l'inchiesta è quella sull'intercettazione Fassino-Consorte

Silvio, sinistra, e Paolo Berlusconi, assistono al funerale della zia ottantenne Edvige Maria, oggi a Milano. (AP Photo/Stefano Cavicchi)
Silvio, sinistra, e Paolo Berlusconi, assistono al funerale della zia ottantenne Edvige Maria, oggi a Milano. (AP Photo/Stefano Cavicchi)

Il Corriere della Sera racconta oggi che Paolo Berlusconi – editore del Giornale e fratello del presidente del consiglio – è indagato dalla Procura di Milano per ricettazione. L’oggetto della ricettazione sarebbe l’intercettazione del luglio 2005 tra il presidente di Unipol Giovanni Consorte e l’allora leader dei DS Piero Fassino (“Ma abbiamo una banca”?): intercettazione pubblicata dal Giornale il 31 dicembre 2005 quando non era ancora stata depositata agli atti.

Gli unici a possedere l’intercettazione erano allora gli ufficiali della Guardia di finanza e l’azienza privata Research control system (RCS) che svolgeva le intercettazioni per conto della Procura. Fabrizio Favata, imprenditore e socio di RCS, sostiene da mesi di aver portato personalmente – insieme al suo capo, Roberto Raffaelli – il nastro con l’intercettazione a casa Berlusconi: dice di averlo fatto ascoltare a Paolo e Silvio Berlusconi e di averlo ceduto loro, dietro grandi ringraziamenti (“La mia famiglia vi sarà grata in eterno”)

Favata è stato arrestato pochi giorni fa con l’accusa di estorsione. Avrebbe infatti ricattato Raffaelli minacciando di raccontare l’intera storia ai giornali e alle forze dell’ordine se questo non gli avesse versato dei soldi e fatto altri favori.

Quando martedì ha arrestato Favata per la successiva estorsione da 300 mila euro ai danni di Raffaelli, il gip Giordano ha ritenuto «acquisite prove convincenti del fatto che sia effettivamente avvenuto l’incontro della vigilia di Natale» (ammesso da Raffaelli solo per gli auguri), ma che «non è rilevante accertare se la circostanza» della consegna del file ai Berlusconi «sia vera o no» (Raffaelli nega lo sia): «Qui basta evidenziare come appaia verosimile agli occhi di Raffaelli, così da giustificarne gli ingenti pagamenti a Favata» (il quale nega d’aver ricevuto soldi, non creduto dal gip che ieri ne ha respinto la scarcerazione).

Ma se sia Silvio Berlusconi che Paolo Berlusconi hanno partecipato all’incontro della vigilia di Natale, ascoltando entrambi il nastro trafugato, perché soltanto Paolo è indagato per ricettazione? Questa l’interpretazione del Corriere.

La ricettazione è il reato commesso da chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta qualcosa che proviene da un furto o altro delitto. Il presupposto, dunque, è la consapevolezza della provenienza illecita di ciò che si riceve. Sinora la Procura sembra non volersi ancora avventurare sull’attribuzione di questa consapevolezza in capo a Silvio Berlusconi, almeno non soltanto sulla base della dinamica dell’incontro ad Arcore per come l’hanno raccontata sia Favata sia de relato il suo amico e partner di fatture false con Raffaelli, Eugenio Petessi: «Mi dissero che erano stati ricevuti da Silvio Berlusconi, molto stanco, seduto sul divano» vicino «un pino bianco secco», e «stava con il capo reclinato all’indietro e gli occhi socchiusi, aveva poco tempo, di lì a poco avrebbe dovuto assistere alla messa di don Verzè. Al Presidente riferirono della conversazione intercettata o forse gliela fecero sentire, e lui disse che poteva essere interessante».

Favata sostiene di aver fatto ascoltare l’intercettazione a Paolo due giorni prima dell’incontro con Silvio, portandogliela direttamente nella sede del Giornale, a Milano. Paolo Berlusconi l’avrebbe ascoltata in una stanza riservata e poi avrebbe chiesto a Favata di portare via il nastro, “materiale pericoloso”. Da qui l’accusa a Paolo Berlusconi di ricettazione: sarebbe stato consapevole della provenienza illecita del nastro.

Sinora Paolo Berlusconi era indagato per millantato credito in un altro filone dell’inchiesta: nell’ipotesi cioè che dal giugno 2005 al luglio 2006 abbia ricevuto 560.000 euro da Favata, ma per conto di Raffaelli, «col pretesto di dover comprare il favore di pubblici ufficiali» (come il non indagato capo dell’Ufficio del presidente del Consiglio, onorevole Valentino Valentini) «che avrebbero dovuto consentire un finanziamento dell’Italia alla Romania per l’attuazione» di un appalto di intercettazioni «la cui esecuzione sarebbe stata affidata anche all’azienda di Raffaelli».