Allora, chi ha fatto crollare Wall Street il 6 maggio?

Due settimane fa gli indici americani sono crollati di 10 punti in 2 minuti, e ancora non se ne sa il motivo

Dopo due settimane di investigazione non se ne sa ancora praticamente nulla. Il 6 maggio scorso, nei due minuti tra le 14.46 e le 14.48, il Dow Jones americano è andato a picco del 10%, risalendo per poi finire la giornata a meno 4%. Un movimento folle e inspiegabile. Inizialmente si era addirittura pensato a un errore “fisico”, un agente di borsa che avrebbe inserito uno zero in più al momento di una vendita, causando così un improvviso ed eccessivo spostamento di denaro. Un’ipotesi poi scartata e sostituita dalle voci che si sarebbe invece trattato di un attacco terroristico per mezzo degli hacker: un’altra possibilità poi scartata.

Il Washington Post scrive che la SEC — la commissione che supervisiona i mercati americani — sta continuando a difendere il proprio operato, spiegando che più di cento persone dello staff stanno lavorando giorno e notte, analizzando i milioni di scambi avvenuti quel giorno per capire quale sia la causa. Nei giorni scorsi sono state molte le proteste, partite anche da diversi senatori, che hanno chiesto chiarimenti su quanto è avvenuto:

“Se non trovano una soluzione, come possono aspettare che gli investitori si fidino del mercato? È successo una volta, può succedere di nuovo.”

Pressata dalla necessità di trovare un colpevole, ieri la SEC ha avviato un’inchiesta sulla pista più probabile, ovvero aziende che avrebbero violato l’obbligo legale di continuare a comprare e vendere azioni anche durante le ore di declino del mercato. A questo potrebbero essersi aggiunti gli scambi azionari automatici, controllati dai computer, che con i loro algoritmi — algoritmi definiti “idioti” dal presidente della Commodity Futures Trading Commission — potrebbero aver aggravato la situazione.

Non possiamo fermare la tecnologia ma se la vogliamo controllare credo sia arrivata l’ora di migliorare il nostro sistema di regole — ha aggiunto il presidente.

Stephen Grocer sul Wall Street Journal scrive che, nonostante non si sappia ancora nulla per certo, è indubbio che il problema alla radice sia la mancata unificazione delle regole negli scambi di mercato.