Una piccola repubblica per un grande crac

Il Foglio analizza le principali cause della crisi economica che sta investendo San Marino

San Marino rischia il crac finanziario. In un lungo pezzo sul Foglio di oggi Stefano Cingolani si occupa della vicenda: con l’arrivo della crisi la celebre rocca ha iniziato a sgretolarsi perdendo istituzioni finanziarie, investimenti e rilievo politico. Il sistema economico del piccolo stato indipendente si è sviluppato negli ultimi anni senza un piano e regole precise, privilegiando alcuni settori che hanno infine subito maggiormente il difficile periodo dei mercati su scala globale. Dalle parti di San Marino ora si teme il commissariamento da parte dell’Italia.

E proprio alcune scelte in politica economica del governo italiano avrebbero inferto i colpi più pesanti alla Repubblica:

Lo scudo fiscale, in particolare, ha inferto un duro colpo. “Perderemo un terzo dei depositi”, stima Pier Paolo Fabbri, presidente dell’Associazione bancaria. Una voragine che oscilla tra i quattro e i cinque miliardi di euro, perché un quinto dei rimpatri concordati con il fisco sono soltanto giuridici (cioè vengono regolarizzati ma restano all’estero).

Anche i provvedimenti per aiutare le banche si sono rivelati un’arma a doppio taglio:

Il decreto salva banche ha imposto agli istituti di accantonare l’otto percento della raccolta per far fronte a problemi di liquidità. “Un passo falso – secondo Fabbri [Pier Paolo Fabbri, presidente Associazione bancaria, ndr] – perché ha drenato risorse preziose proprio quando ne avevamo più bisogno”.

Difficoltà economiche e la vicenda giudiziaria del gruppo Delta, fallita tecnicamente per un ammanco di 3,3 miliardi di euro secondo Bankitalia, hanno indotto San Marino ad affidarsi a un nuovo presidente della Banca Centrale:

Alla Banca centrale è arrivato un nuovo presidente, Ezio Paolo Reggia, bergamasco, 65 anni, che dal 1990 al 2006 ha guidato la Cattolica assicurazioni. Annuncia di aver stipulato con il governo “patti chiari: ho le mani libere, non ho nemmeno uno stipendio da difendere e sarò intransigente”. Si è dato tre-quattro mesi di tempo per condurre una due diligence affidata a una società privata di sua fiducia.