Tu non sei tua, tu sei una cosa, tu non sei nessuno

Nolite bastardes carborundorum
Non lasciare che i bastardi ti calpestino

Improvvisamente, i conti in banca di tutte le donne vengono bloccati. I loro soldi vengono trasferiti su quello del loro marito, o del parente più prossimo di sesso maschile. Lo stesso giorno le donne vengono licenziate, tutte. La legge dice che le donne non possono più lavorare. Poi dirà che non si possono più muovere in autonomia. Poi dirà che le donne sono di proprietà degli uomini e di Dio. Poi dirà che non possono più leggere. Poi pretenderà i loro corpi, e ucciderà molte di loro.

Tratta dal libro di Margaret Atwood del 1985, la nuova serie di Hulu (in Italia non è ancora distribuita) The Handmaid’s Tale parla del punto d’arrivo di questo processo: un gruppo di estremisti religiosi cristiani ha preso il potere con un colpo di stato negli Stati Uniti contemporanei e li ha trasformati nella Repubblica di Gilead, una teocrazia in cui le donne sono completamente prive di diritti, e vengono divise in categorie sulla base del loro rapporto di proprietà con gli uomini e della loro capacità di concepire.
Ci sono le Mogli dei comandanti e dei miliziani, le Figlie, le Martha (le domestiche dei comandanti), le Econowife (“economogli”), mogli di uomini di ceto basso, le Unwoman (le Nondonne), donne troppo anziane, o non fertili e non sposate o non fertili e “traditrici del proprio genere” (omosessuali), che vengono mandate ai lavori forzati nelle Colonie, un posto in cui si smaltiscono scorie e sostanze tossiche e si muore in breve tempo.

E poi ci sono le Handmaid, le ancelle. Sono donne fertili, e sono rare in un mondo in cui l’inquinamento e non precisati disastri biologici hanno ridotto infinitamente le possibilità di concepire e partorire un neonato sano. Sono considerate “risorsa nazionale”, vengono tatuate, perché non possano scappare. Sequestrate e addestrate con torture e violenze psicologiche (se sei stata stuprata è colpa tua) in centri appositi, chiamate sempre ragazze, le Handmaid vengono poi assegnate a coppie sterili della gerarchia come animali da riproduzione. Il riferimento ideologico con cui la dittatura giustifica questa istituzione è l’episodio dell’Antico Testamento in cui Rachele, sterile, chiede a Giacobbe di avere rapporti sessuali con la sua serva Bilhah, davanti a lei, e di metterla incinta, in modo da poter avere un figlio attraverso di lei.
Secondo la Repubblica di Gilead gli uomini sterili non esistono.

Le Handmaid, tra le categorie di donne, sono le più feticizzate ed elevate a idolo, ma anche quelle che subiscono l’annullamento peggiore. Sono obbligate a vestire tuniche rosse (come lavori se sei una costumista che deve creare un abito che esplicitamente opprima le donne?), il colore delle mestruazioni, della fertilità, e a indossare copricapi bianchi che ne nascondano la faccia. La sovrapposizione tra loro e il loro apparato riproduttore è totale: se durante la “formazione” non si mostrano remissive e pie, vengono picchiate, mutilate, o rese invalide. Non ti servono gli arti, o gli occhi, o la capacità di camminare, per rimanere incinta. Il rischio di morire è costante. I suicidi sono frequenti, si ricordano tutte del prima, e ora non hanno neanche più il loro nome.

La protagonista del libro, e della serie, è Offred (Of-Fred, cioè Di Fred), chiamata così perché viene assegnata alla casa di un comandante di grado molto alto, di nome Fred. Offred aveva un marito, che forse è stato ucciso e una figlia che le è stata portata via. Ora vive da semiprigioniera in una stanza da cui sono stati accuratamente tolti tutti gli oggetti con cui poteva farsi del male. Può uscire pochissimo e sempre in coppia con un’altra Handmaid, a fare la spesa (al supermercato c’è poco perché c’è la guerra, e le etichette sono disegni perché leggere è un reato, per le donne), ai parti delle altre Handmaid, alle impiccagioni. Non può fidarsi di nessuno, tutti potrebbero essere spie.
È fertile, quindi a cadenze regolari definite “Cerimonie” viene stuprata dal comandante, in presenza della moglie. Non ha scelta, vuole sopravvivere.

Se fai un errore, muori. Se resti incinta e sopravvivi al parto (la dittatura ha ucciso molti ginecologi e ostetrici, e il concetto di “salute delle donne” non esiste più), vieni trattata come una principessa, poi riassegnata a un nuovo comandante, nella speranza che tu lo faccia di nuovo. È un mondo completamente privo di relazioni di affetto, di sessualità come gioia, di contatto fisico anche minuscolo.

Resonance (eco, risonanza) è la parola che ricorre di più nelle prime recensioni statunitensi all’uscita della serie, che sottolineano come il tema sia attuale considerate le diffuse preoccupazioni per il futuro dei diritti delle donne, soprattutto quelli riproduttivi in varie zone degli Stati Uniti. Il libro di Atwood è stato citato in molte delle proteste degli ultimi tempi, che hanno difeso i diritti delle donne dopo attacchi e proposte preoccupanti: dal video in cui Donald Trump diceva l’ormai famosa frase del «prenderle per la figa», alle dichiarazioni del vicepresidente Pence che non cenerebbe mai da solo con una donna; dalle proposte estremiste contro l’aborto in Texas alle dichiarazioni di un politico dell’Oklahoma che promuove un disegno di legge che obbligherebbe le donne ad ottenere un’autorizzazione firmata da parte del padre biologico del feto per accedere ai servizi di interruzione della gravidanza (secondo lui le donne non sono padrone del loro corpo ma “ospiti” del bambino).

Rispetto al libro, scritto (e di fatto ambientato) nel 1985, la serie di Hulu si sposta ai giorni nostri. Nonostante i costumi rimandino a un passato indefinito, nei flashback di Offred si cita l’Isis e Uber, ci sono smartphone e computer di modelli attuali, si fa riferimento ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Il libro descrive molto bene l’efficacia pervasiva della dittatura, la capillarità del terrore e della violenza, il modo in cui la paura divide le persone le une dalle altre, e le rende incapaci di trovare un po’ di sollievo nella costruzione di un legame, lasciandole isolate e deboli, e quindi sottomesse. Offred non viene presentata come una ribelle, ma come una persona normale e spaventata, che ha perso tutto, che sente agire sottopelle alcune delle idee che le hanno inculcato nel centro di addestramento ed esplora le zone grigie del suo rapporto con i membri della coppia a cui l’hanno assegnata. Ha pietà per il comandante, per sua moglie che è chiusa in casa quanto lei. Anche quando trova una misteriosa frase in latino, lasciata scritta dalla donna venuta prima di lei in quella famiglia, non è rassegnata, ma è paralizzata, non sa come agire. Il libro parla molto bene anche della sua noia. È facile identificarsi con lei, non siamo tutti eroi.

La serie di Hulu, almeno nei primi tre episodi, è molto fedele al libro nella materia prima, negli ingredienti: ci sono frasi prese di peso dal libro, scene identiche. La materia originale viene arricchita con tratti e caratteristiche che i personaggi nel libro non avevano. Apprendiamo le storie anche degli altri personaggi, non solo di Offred (interpretata molto bene da Elisabeth Moss, cioè Peggy di Mad Men, ma ci sono almeno altre due facce che conoscete molto bene). Ci sono personaggi omosessuali, la migliore amica di Offred e suo marito sono afroamericani (le questioni razziali erano completamente assenti nel libro, i non bianchi venivano “trasferiti altrove”).
L’ordine delle cose che succedono però è rimescolato, ed è interessante vedere come.
Nel primo episodio viene mostrata moltissima violenza, ma anche molta azione, molti contatti, la creazione di molti legami: una Offred diversa, meno spaventata, più attiva, più disponibile al rischio. Nella serie tv Offred fa cose per cui nel libro sarebbe morta. Questo la rende più lontana da noi, ma ci dà un personaggio per cui tifare, e il bisogno di un personaggio per cui tifare è un bisogno sia del formato, la serie, che del contesto: vogliamo che si liberi, che si liberi presto. Vogliamo che la ribellione funzioni.

The Handmaid’s Tale cerca di dimostrare cosa succede quando una società porta le proprie idee ultraconservatrici sulle donne fino alle estreme conseguenze: credi che il posto della donna sia a casa, o in cucina? Credi che le donne non debbano essere padrone del proprio corpo? Va bene, succederebbe questo. Ti piace?
La risposta attesa dopo una dimostrazione simile è no, anche da parte degli uomini, perché è una società che toglie troppo anche a loro.
Non è un caso che le ultime parole del libro – della serie, vedremo – siano «Avete altre domande?».

Giulia Balducci

È nata a Milano e ci vive ancora, ha studiato a Milano, a Bologna e in Francia e ha una laurea specialistica in Letteratura Contemporanea, a cui tiene molto. Prima del Post ha insegnato Italiano in una scuola per stranieri, ha lavorato per l'Università di Bologna, ha ascoltato molta musica e letto molti libri.