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  • Giovedì 6 aprile 2017

L’intercettazione “compromettente” di Andrea Agnelli non esiste

Erano delle "interpretazioni", ha detto il procuratore della FIGC Giuseppe Pecoraro, che pare fu il primo a citarla un mese fa

(LaPresse/ Gian Mattia D'Alberto)
(LaPresse/ Gian Mattia D'Alberto)

Durante il colloquio alla Commissione parlamentare antimafia riguardante i sospetti tentativi di infiltrazioni mafiose nel tifo organizzato e nella dirigenza della Juventus, il procuratore della FIGC Giuseppe Pecoraro ha smentito l’esistenza di un’intercettazione telefonica di cui aveva parlato lui stesso e che avrebbe potuto aggravare una delle accuse rivolte al presidente Andrea Agnelli, cioè essere a conoscenza dei presunti legami tra Rocco Dominello, uno dei rappresentanti del tifo organizzato juventino, e la cosca della ‘ndrangheta dei Pesce-Bellocco, attorno alla quale si è sviluppata l’indagine dell’Antimafia su presunti rapporti tra alcuni dirigenti della Juventus ed esponenti ‘ndranghetisti in Piemonte.

All’Antimafia, Pecoraro ha detto: «L’intercettazione di cui si è parlato l’altra volta, e su cui sono state dette tante cose, è un’interpretazione che è stata data. Noi abbiamo dato una certa interpretazione, perché da quella frase sembrava ci fosse una certa confidenza fra Agnelli e Dominello, ma probabilmente era del pubblico ministero quella frase. Anzi, da una lettura migliore la attribuisco al pubblico ministero». La frase attribuita ad Agnelli, e riportata da molti giornali nell’ultimo mese, era: «Hanno arrestato due fratelli di Rocco Dominello. Lui è incensurato, abbiamo sempre parlato solo con lui».

Secondo diverse ricostruzioni, la frase attribuita ad Agnelli sarebbe stata riferita in una sessione secretata della Commissione antimafia proprio da Pecoraro, che l’avrebbe estrapolata da una conversazione telefonica avvenuta fra Agnelli e Alessandro D’Angelo, security manager della Juventus. Nei giorni successivi, tuttavia, Repubblica aveva pubblicato un articolo in cui sosteneva che la telefonata in questione fosse avvenuta tra D’Angelo e Francesco Calvo, ex direttore marketing del club, e non Agnelli, e che la frase, in realtà, era: «I due fratelli sono stati arrestati. Rocco è incensurato, noi parliamo con lui».

L’accusa della procura della FIGC formulata dopo le indagini è che i vertici della Juventus abbiano venduto biglietti delle partite della Juventus a esponenti della ‘ndrangheta, che poi li hanno rivenduti a loro volta con pratiche di bagarinaggio. Il caso è finito in Commissione antimafia e ieri, al termine del colloquio con Pecoraro, la presidente Rosy Bindi ha detto: «È vero, quell’intercettazione non riguarda Andrea Agnelli. Ma a noi basta sapere che le mafie in Italia arrivino persino alla Juve». Agnelli verrà ascoltato dalla commissione il primo maggio e la prima udienza del processo sportivo è fissata per il 26 maggio, due giorni prima dell’ultima giornata di Serie A.