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  • Martedì 31 gennaio 2017

Trump ha licenziato il ministro della Giustizia che gli si era opposto

I dissensi sulle misure contro l'immigrazione hanno portato stanotte a una crisi istituzionale dagli sviluppi teatrali

Sally Yates in una foto dello scorso giugno (AP Photo/J. David Ake)
Sally Yates in una foto dello scorso giugno (AP Photo/J. David Ake)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha sostituito stanotte il procuratore generale “facente funzione” Sally Yates, dopo che lei aveva dichiarato che il dipartimento della Giustizia – il procuratore Generale è più o meno l’equivalente del ministro della Giustizia, nel sistema americano – non avrebbe difeso l’ordine esecutivo sui limiti all’immigrazione di fronte ai ricorsi legali presentati in questi giorni. Yates è stata sostanzialmente licenziata e sostituita col giudice Dana Boente, che ha immediatamente annullato la decisione di Yates.

Il ruolo di procuratore generale degli Stati Uniti è in questo momento vacante in attesa che il Senato approvi la contestata nomina del candidato scelto da Trump, il senatore Jeff Sessions. Yates era quindi provvisoriamente in carica in quanto vice nella precedente amministrazione, scelta allora da Barack Obama. Lunedì sera Yates aveva preso una posizione molto forte contro l’ordine esecutivo firmato venerdì da Trump che sospende gli ingressi negli Stati Uniti per i cittadini di sette paesi stranieri e per i richiedenti asilo, e aveva annunciato che il dipartimento della Giustizia non poteva difendere quell’ordine in tribunale (una prima causa è stata presentata nelle stesse ore dallo stato di Washington), in quanto non corrispondente ai valori di giustizia che il dipartimento rappresenta. Poche ore dopo Trump l’ha di fatto licenziata, accusandola di aver tradito l’amministrazione. Alla ratifica della nomina di Jeff Sessions, già molto combattuta, si aggiunge a questo punto il tema del consenso nei confronti delle misure sull’immigrazione: per il Senato nominare Sessions significherà avallare nei fatti quelle misure, contestate anche da alcuni parlamentari Repubblicani.