Spotify vuole sapere tutto di noi?

Il famoso servizio per ascoltare musica in streaming ha modificato e reso più invadenti le sue regole per la privacy

Aggiornamento del 22 agosto: il CEO di Spotify Daniel Ek ha pubblicato un post sul blog di Spotify scusandosi per la “confusione” creata dall’aggiornamento delle regole sulla privacy, aggiungendo che le modifiche potranno essere rifiutate da ciascun utente e che i dati raccolti saranno utilizzati «solamente per scopi precisi, che permetteranno di personalizzare la propria esperienza su Spotify». Scrive Ek: «avremmo dovuto lavorare sul comunicare meglio a cosa servono queste linee guida e in che modo le informazioni che sceglierete di condividere verranno – o non verranno – utilizzate».

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Spotify, il popolare servizio per ascoltare la musica in streaming, ha da poco aggiornato le sue regole per la privacy comunicando che raccoglierà molte più informazioni sui propri utenti attraverso la sua applicazione per smartphone. Le nuove condizioni comprendono l’analisi della posizione geografica degli utenti, l’accesso ai sensori del loro telefono per capire se stiano camminando o correndo, le fotografie salvate sul cellulare e i dettagli dei contatti presenti nella loro rubrica.

Come hanno spiegato Forbes e Wired, la serie di modifiche è piuttosto dettagliata e a quanto sembra lascia a Spotify la facoltà di fare molte cose con i dati dei suoi utenti, compresa la possibilità di condividerli con altre aziende. La comunicazione delle modifiche per ora è stata pubblicata sulla documentazione in lingua inglese che riguarda il Regno Unito, mentre per altri paesi compresa l’Italia sono in vigore le regole precedenti e non è chiaro quando e se saranno aggiornate. L’applicazione in questi casi mostra comunque un avviso, annunciando che proseguendo si accettano le nuove regole.

Thomas Fox-Brewster di Forbes ha fatto un confronto con le precedenti regole per la privacy di Spotify, notando molte differenze in alcuni paragrafi della documentazione. Alcune frasi sono piuttosto ambigue e usano formule del tipo “con il tuo permesso faremo questa cosa”, facendo per esempio riferimento alla raccolta di “informazioni conservate nel tuo dispositivo mobile come contatti, foto e file”. Le nuove regole dicono anche: “potremmo raccogliere informazioni sulla tua posizione geografica, per esempio attraverso il GPS del tuo telefono o tramite altri sistemi di localizzazione”. Si dice anche che potrebbero essere raccolte informazioni da fornitori di altri servizi “per personalizzare la tua esperienza su Spotify”, o per valutare l’efficacia delle campagne pubblicitarie mostrate agli utenti che utilizzano la versione gratuita, invece di quella che costa 9,99 euro al mese. E le informazioni “potrebbero essere condivise con i nostri partner pubblicitari per inviarti informazioni promozionali su Spotify o per mostrarti contenuti più personalizzati”.

L’articolo di Forbes spiega che le stesse regole si applicano sia agli account gratuiti che a quelli a pagamento, cosa che potrebbe infastidire gli utenti che hanno deciso di pagare per evitare le interruzioni pubblicitarie e soprattutto ascoltare musica senza limiti su dispositivi mobili (nella versione gratuita non si possono scegliere direttamente le canzoni da ascoltare). In realtà buona parte delle condizioni sulla privacy di altri servizi, social network compresi, comprendono più o meno le cose inserite nelle clausole sulla riservatezza da Spotify: per aziende come Facebook, Twitter, Google e altri gli utenti stessi sono il prodotto e mettono a disposizione buona parte delle loro informazioni personali in cambio di servizi che sono gratuiti.

Il CEO di Spotify, Daniel Ek, ha spiegato su Twitter che le nuove modifiche sono necessarie per permettere a Spotify di fornire alcuni dei suoi servizi. Attraverso l’accesso ai sensori del telefono e al GPS, per esempio, l’applicazione può consigliare particolari generi musicali sulla base del posto in cui ci si trova o se si sta effettuando attività fisica. L’accesso alle fotografie sul telefono serve per altri scopi, come per esempio cambiare la propria foto profilo su Spotify oppure per personalizzare la grafica delle proprie playlist. L’accesso ai contatti sul proprio telefono, invece, serve per trovare più facilmente i propri amici che già utilizzano Spotify o per invitare a provarlo (una funzione simile esiste già da tempo su molti servizi compresi Facebook, Twitter e Instagram).

Le modifiche alla privacy sono quindi meno allarmanti di quanto possa sembrare, ma secondo le critiche Spotify avrebbe comunque dovuto studiare un linguaggio più semplice e fornire esempi concreti per giustificare le modifiche alle proprie regole. Per ora le condizioni sulla privacy in Italia continuano a essere quelle del febbraio 2013 e non è chiaro se saranno modificate, e in che modo, per rendere utilizzabili le nuove funzioni dell’applicazione nel nostro paese. Il Post ha provato a ottenere qualche chiarimento a Spotify Italia, ma non è stato ancora possibile mettersi in contatto con l’azienda.