Renzi: «Il Parlamento non è un passacarte della procura di Trani»

Il Presidente del Consiglio ha difeso il voto dei senatori che hanno respinto la richiesta di arresto nei confronti di Antonio Azzollini, del Nuovo Centrodestra

(Roberto Monaldo / LaPresse)
(Roberto Monaldo / LaPresse)

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha difeso il voto dei senatori che mercoledì 29 luglio hanno respinto la richiesta di arresto presentata dalla procura di Trani nei confronti di Antonio Azzollini, senatore del Nuovo Centrodestra accusato di associazione a delinquere. Diversi dei 113 senatori del Partito Democratico hanno votato contro l’arresto, cosa che nei giorni successivi ha sollevato un notevole dibattito: pochi giorni prima il presidente del PD Matteo Orfini aveva detto che, lette le carte relative alla richiesta della Procura di Trani, riteneva «inevitabile» un voto a favore dell’arresto. Renzi ha spiegato:

«Noi non siamo un passacarte della procura di Trani. Il parlamento della Repubblica non è un passacarte della procura di Trani. Se i senatori hanno ritenuto – e bontà loro: io non ho letto le carte e non sono in grado di dirlo – di non aderire alla richiesta in presenza di un fumus persecutionis che alcuni senatori – io ho letto quello che ha scritto Ichino, per esempio: è stato molto puntuale – hanno ritenuto non sussistere, evidentemente si assumono le loro responsabilità. Io credo nei miei deputati, credo nei miei senatori. E faccio parte di un partito politico che avendo grande rispetto della Costituzione crede nei valori che essa rappresenta, a partire del rispetto della magistratura. E rispettare la magistratura significa rispettare le competenze che hanno i giudici e le competenze che hanno gli altri.»

Giovedì 30 luglio Luigi Manconi, senatore del PD e attivista per i diritti umani, ha spiegato sull’Unità perché ha votato no alla richiesta di arresto, ricordando che ai parlamentari non spetta decidere se Azzollini è o no colpevole, ovviamente, o se le accuse contro di lui sono sufficientemente solide o no, bensì soltanto verificare se la richiesta di custodia cautelare risponda ai criteri previsti dalla legge o se ci sia invece un “intento persecutorio” da parte dei magistrati (che Manconi non ha rilevato).