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  • Mercoledì 10 luglio 2013

“Just Do It”

La storia dello slogan di Nike, uno dei più famosi e longevi al mondo: c'entrano un corridore ottantenne e una condanna a morte

Nel luglio del 1988 la Nike lanciò per la prima volta lo slogan pubblicitario “Just Do It” (traducibile in italiano come “Fallo e basta”), uno fra i più noti e riconoscibili di sempre, che ha contribuito a rendere Nike uno dei marchi di abbigliamento sportivo più importanti e conosciuti al mondo. Ha contribuito anche alla sua celebrità il fatto che Nike, per scelta, non lo traduca mai in altre lingue.

Nel primo video pubblicitario in cui viene mostrato lo slogan, si vede un uomo di ottant’anni, Walt Stack, mentre corre a petto nudo sul Golden Gate di San Francisco, all’alba, salutando gli automobilisti. In sottofondo si sente la sua voce mentre dice: «Corro per diciassette miglia al giorno, ogni mattina. La gente mi chiede come faccio a non battere i denti, d’inverno. Li lascio nell’armadietto».

Da dove arriva lo slogan
All’inizio degli anni Ottanta Reebok dominava il mercato delle scarpe da ginnastica e dell’abbigliamento sportivo: erano i tempi delle fascette di spugna sulla fronte e dei pantaloncini da jogging ascellari. La gente correva, cominciava ad andare in palestra, e spesso lo faceva indossando delle scarpe Reebok. All’epoca Nike era un marchio diffuso prevalentemente negli Stati Uniti, fondato nel 1964 da due ragazzi che avevano iniziato come distributori di scarpe giapponesi; nel 1971 avevano avuto l’intuizione di associare al proprio nome il simbolo che ancora oggi nell’immaginario collettivo rimanda al marchio Nike, il cosiddetto “Swoosh”.

Dan Wieden, uno dei pubblicitari a cui Nike aveva affidato la campagna per il 1988, ha raccontato com’è nato lo slogan, e l’idea che ci stava dietro.

«Ero lì da venti minuti, e stavo cercando qualcosa che parlasse sia alla donna che aveva appena cominciato a correre per perdere qualche chilo, sia all’atleta di fama mondiale. Per qualche assurda ragione mi venne in mente Gary Gilmore, di cui conoscevo il fratello, Michael»

«Let’s do it»
Gary Gilmore è nato McCamey, una piccola città del Texas, nel 1940. Il padre era alcolizzato e spesso lo picchiava: sposò diverse donne nel corso della sua vita, fra cui la madre di Gary. Nel 1952 la famiglia si trasferì a Portland, nell’Oregon, dove Gary cominciò a frequentare il liceo e – al contempo – a commettere piccoli furti. A scuola andava benissimo ma dopo una serie di furti sempre più grossi venne spedito in riformatorio; ne uscì nel 1955, ma non smise di rubare. Fu arrestato per rapina a mano armata nel 1962 e fu condannato a quindici anni di carcere. Lo psicologo del carcere gli diagnosticò una personalità «antisociale» e Gary fu messo in libertà condizionata nel 1976.

Andò a stare da un cugino, nello Utah, dove trovò anche un lavoretto. Pochi mesi dopo rapinò e uccise un benzinaio, e in seguito fece la stessa cosa con un albergatore locale. Lo arrestarono e fu condannato a morte. La sera prima dell’esecuzione gli venne servito un piatto di bistecca e patate, assieme un po’ di latte e di caffè. Bevve solo quelli. Fu ucciso il 17 gennaio 1977, dai colpi di un plotone di esecuzione formato da cinque agenti di polizia. Quando gli fu chiesto di esprimere le sue ultime parole, disse: «Facciamolo e basta» (“Let’s do it”). Il suo corpo fu cremato il giorno stesso.

Racconta Wieden: «mi ricordo di quando lo venni a sapere, e pensai: è pazzesco. Come fai ad affrontare la morte in questo modo, è così incomprensibile… Cambiai solo il “Let’s”, non mi piaceva: e forse avrei anche dovuto pagargli i diritti (sorride, ndr)».

La campagna del 1988 e quelle degli anni successivi funzionarono, e Nike col tempo passò dall’essere un’azienda che produceva unicamente scarpe a un marchio “cool”, figo, alla moda. Lo slogan fece prese sia sulla donna che voleva rimettersi in forma sia sull’atleta famoso; l’azienda trasmise un’immagine di determinazione, impegno, l’ideale americano del “lavorare sodo” trasposto nello sport e nell’attenzione per la propria forma fisica.

Contribuì parecchio il fatto che Nike sponsorizzò sportivi all’epoca molto famosi, come Michael Jordan e Andre Agassi, che vestivano Nike anche fuori dai campi da gioco. L’idea che passava era che portando un paio di Nike si entrava a far parte di un ideale gruppo di gente tosta, ironica (ricordate la dentiera di Walt Stack?), di successo, facendo quindi leva sul senso di immedesimazione delle persone alle quali la campagna era rivolta. L’intuizione fu di non farlo riempiendo la testa della gente con le qualità del prodotto, ma lasciare che le persone adattassero alle proprie esperienze personali lo slogan “Just Do It”, usandolo come una sorta di mantra personale. E che nel farlo, magari, comprassero un paio di scarpe o di magliette Nike. La cosa era diventata molto più grossa di una campagna pubblicitaria per alcune di scarpe da ginnastica.

David Gianatasio, su AdWeek, una rivista americana molto famosa nel mondo pubblicitario, ha spiegato che negli ultimi anni è molto più difficile – paradossalmente – ideare una campagna pubblicitaria che rimanga per così tanto tempo nell’immaginario collettivo.

«I contenuti moderni possono essere più accessibili, ma la maggior parte di loro non dura a lungo. Le liste di cose, i meme e le applicazioni possono anche essere cancellati in un istante. Le idee non hanno il tempo materiale di costruirsi, di essere apprezzate da più persone in posti diversi»

Nike nel 2012 ha avuto entrate per circa 24 miliardi di dollari, e attualmente ha più di 44 mila dipendenti. Negli anni ha sperimentato altri slogan, come “Find Your Greatness” (“Trova la tua grandezza”) oppure “Write The Future” (“Scrivi il futuro”), ma “Just Do It” rimane tuttora il più longevo ed efficace.

Nike – Spot del 2006



Nike – Spot in occasione delle Olimpiadi del 2008