Perché il PdL è tecnicamente “impresentabile”

Ovvero perché l'offerta al PD di una collaborazione di governo è un bluff e serve solo a mantenere un ruolo e riempire i retroscena

Foto Roberto Monaldo / LaPresse23-03-2013 RomaPoliticaPdL - Manifestazione "Tutti con Silvio"Nella foto Angelino Alfano, Silvio BerlusconiPhoto Roberto Monaldo / LaPresse23-03-2013 Rome (Italy)Demonstration organized by PdL partyIn the photo Angelino Alfano, Silvio Berlusconi
Foto Roberto Monaldo / LaPresse23-03-2013 RomaPoliticaPdL - Manifestazione "Tutti con Silvio"Nella foto Angelino Alfano, Silvio BerlusconiPhoto Roberto Monaldo / LaPresse23-03-2013 Rome (Italy)Demonstration organized by PdL partyIn the photo Angelino Alfano, Silvio Berlusconi

La sintesi esatta delle ragioni della diffidenza nei confronti di qualunque offerta di collaborazione di governo da parte del PdL l’ha data lo stesso Pier Luigi Bersani sabato:

«Non mi vengano a parlare però di concordia quelli che cinque mesi prima delle elezioni hanno lasciato il cerino in mano ad altri sui danni che avevano provocato»

Cominciamo infatti dalla seconda e ultima parte dell’agitato tentativo del PdL di restare in un gioco di governo malgrado sia arrivato soltanto terzo alle elezioni, uscendo da una legislatura in cui ha avuto una maggioranza solidissima e si è abituato a governare senza avere bisogno di trattare con nessuno. La prima parte è stata inscenare un improvviso benintenzionato desiderio di aiutare la formazione di un governo, alleandosi con quelli che aveva fino a un momento prima accusato di ogni nefandezza e di non essere assolutamente in grado di guidare un governo: e da cui il PdL sosteneva di dissentire su praticamente tutto.

Incassata un’ampia serie di rifiuti, la strategia di comunicazione del PdL ha suggerito allora di fare la vittima: accusare il centrosinistra di discriminazione, di irresponsabilità nel non accettare l’offerta, di snobismo, e via discorrendo. Come uno scassinatore che vi insulti per non aver accettato di dargli le chiavi di casa in modo che andasse lui a spegnere la sirena dell’antifurto. E la strategia sta pagando: per quanto esclusi dalla partita, il PdL e Berlusconi si sono infatti costruiti un ruolo sui media e nell’attenzione generale, e stanno capitalizzandolo per la prossima campagna elettorale (non vi paia incredibile che possa funzionare: ricordatevi che su simili trovate il PdL ha conservato ben il 21 per cento dei voti). Quello che non è riuscito a fare Scelta Civica, annichilita e annullata dal risultato elettorale e dalla propria incapacità di reinventarsi in termini di comunicazione: ci sta provando maldestramente adesso seguendo il carro delle richieste del PdL.

Entrambe le iniziative del PdL – offerta e protesta – sono un bluff che può essere preso in considerazione solo dai retroscenisti politici in servizio quotidiano: oggi per fortuna c’è anche un articolo di Emanuele Macaluso, sul Corriere della Sera, e lo spiega bene.

Il Cavaliere non vuole un governo, ma solo, come dicono i suoi amici, un salvacondotto. Se volesse un governo avrebbe dovuto adottare una condotta politica più riservata, mettere avanti il segretario, i capigruppo, fare emergere il partito (che non c’è) e la coalizione con la Lega (sparita). Berlusconi, invece, è sulla scena come capo assoluto, guida la truppa (anche la Lega) nei colloqui con il capo dello Stato, monopolizza radio e tv, fa comizi incendiari, grida per fare capire a tutti (specie ai magistrati) che è lui che fa o non fa il governo, è lui che decide se bisogna votare subito o no, è lui che decide le sorti del Paese. E questo «lui» non può essere giudicato in tribunale. Ecco «l’accanimento politico» da contrapporre a quello «giudiziario». Ciò rende impossibile una trattativa con un soggetto che non è un partito ma una persona che opera solo per ottenere un fantomatico salvacondotto.

Qui lo diciamo da vecchi e agguerriti critici dell’antiberlusconismo professionale che ha sottratto alla sinistra per anni – e ancora lo fa – forze e progetti alternativi che le permettessero di costruire visioni alternative del presente e del futuro e convincere gli elettori: e i risultati di quell’accecamento si sono visti coi risultati elettorali di un partito che ha pensato che bastasse la crisi di Berlusconi a farlo stravincere. Un’ampia parte di pungolatori e ricattatori del PD all’interno del centrosinistra oggi pretende di rimettere Berlusconi e l’antiberlusconismo al centro della sua campagna, non contenti: tutti disperati della perdita di ruolo che comporterebbe dovere finalmente costruire un progetto credibile dopo anni di galleggiamento pigro sulla campagna contro il nemico.

Qui lo diciamo, insomma, da un solido punto di vista che non considera il tema dell'”impresentabilità” di Berlusconi il tema centrale del cambiamento dell’Italia, né una strategia politica dignitosa. Ma che lo sguardo sia rivolto oltre non vuol dire che Berlusconi impresentabile non lo sia. Lo è, e tecnicamente lo è tutto il suo partito, visto dal punto di vista del PD: le cose che ha fatto, e quelle che non ha fatto, in quattro anni di governo e uno di appoggio al governo Monti, rendono totalmente inaffidabile e non credibile ogni alambiccare su quello che si potrebbe fare con i numeri di un’alleanza PD-PdL. Non ci si potrebbe fare niente. L’unico a trarne vantaggio sarebbe il PdL in una prospettiva elettorale, grazie all’ulteriore calo di consensi nei confronti del PD che comporterebbe.

Conclude Macaluso:

«Come leggo sul Corriere, Enrico Letta e il senatore Migliavacca suggeriscono ai colonnelli del Pdl lo «squagliamento» di alcuni senatori per fare passare il governo Bersani. Una follia. Se il Pdl esistesse come forza politica dovrebbe apertamente, con i gruppi parlamentari, consentire di fare un governo e verificare la possibilità di una collaborazione. E il Pd proprio questa proposta avrebbe dovuto fare apertamente con una trattativa al Pdl. La soluzione, quindi, non c’è. C’è solo buio. Berlusconi pensa solo a sé, Grillo vuol distruggere il sistema parlamentare, Bersani appare paralizzato. Ormai ogni gruppo e sottogruppo coltiva solo il proprio orticello. L’interesse generale e l’avvenire di questo Paese sono richiamati solo nei comizi. E nemmeno in quelli».

Il disincanto di Macaluso è assai condivisibile, ma non lo sottrae dall’abbassare lo sguardo sulle contingenze del presente e giudicare per il suo valore l’ipotesi che il PD possa costruire un governo con l’appoggio del PdL, magari persino trattando sull’elezione del presidente della Repubblica: è un’ipotesi implausibile, per quanto ipnotizzi i quotidiani, le discussioni su Twitter e alcuni sventati o ingenui parlamentari del PD in cerca di visibilità. Non è di un qualsivoglia governo che c’è bisogno, ma di uno solido, che funzioni, faccia le cose e riduca i guai: se non c’è, si torna a votare costruendo progetti più convincenti dell’ultima volta. E se il PdL vuole delle risposte al perché dei ripetuti e indiscutibili rifiuti di Bersani, le cerchi nei cinque anni di curriculum che ha presentato.

(foto Roberto Monaldo/LaPresse)

– Luca Sofri: Su Lucia Annunziata e il PdL “impresentabile”