Il compleanno di Carolina

Baggio, Totti, Del Piero, Rivera, Mazzola. Ma anche Zoff, Piola, Baresi, Maldini, Riva, Meazza. Provate a chiedere in giro chi sia stato il più forte calciatore italiano tutti i tempi, e vi sentirete rispondere uno di questi nomi qui e chissà quali altri. Provate invece a fare la stessa domanda “al femminile”, provate a chiedere chi sia stata la calciatrice italiana più forte di sempre, e vedrete che la risposta sarà quasi sempre la stessa: Carolina Morace. 12 scudetti vinti e 12 titoli di capocannoniere, 105 gol con la maglia azzurra, miglior calciatrice al mondo nel 1995, ambasciatrice Fifa del football femminile, commissario tecnico di Italia, Canada e Trinidad e Tobago, prima allenatrice della storia ad aver allenato una squadra maschile. Di lei il Time scrisse che rappresentava per il calcio femminile quello che Michael Jordan rappresentava per il basket, tanto per dirne una.

Il 18 agosto 1990, con la maglia numero nove della nazionale italiana, ha segnato quattro goal a Wembley contro l’Inghilterra, e una cosa così non è mai più riuscita a nessuno, né uomo né donna: eppure all’epoca la Gazzetta dello Sport le dedicò soltanto un piccolissimo trafiletto in una delle pagine interne del giornale. Quello che è successo l’estate scorsa, con le partite della nazionale femminile trasmesse in prima serata su Rai Uno e i titoloni dei quotidiani sportivi, ma soprattutto con i risultati delle azzurre oggetto delle discussioni nei bar la domenica mattina, appena l’altro ieri sembrava impensabile.

Della sua carriera così ricca di record e di successi, ma soprattutto dei pregiudizi della nostra società, e dello sport in particolare, nei confronti delle donne, Carolina Morace ha parlato in “La prima punta”, uscito nel marzo di quest’anno per People, la casa editrice fondata da Pippo Civati, Stefano Catone e Francesco Foti. Uno dei passaggi più notevoli del libro, uno di quelli che secondo me spiega meglio chi è Carolina Morace e perché abbia vinto così tanto, è quello in cui racconta perché nonostante le numerose coppe, targhe e medaglie vinte, nella sua stanza da letto ci sia posto per un solo trofeo, la Hall of Fame del calcio italiano che le è stata assegnata nel 2014: «La conservo al mio fianco perché mi piace esteticamente; gli altri trofei non voglio averli di continuo sotto agli occhi, non voglio farmi schiacciare dal loro peso, non voglio che siano loro, che rappresentano il mio passato, a determinare le mie scelte future».

Oggi è il suo compleanno, e mi chiedo se lo festeggerà, e come. Chissà. Non sono un grande esperto di compleanni e di coppe, io, e neppure di passato e di scelte future.

Vincenzo D'Aquino

Giornalista, è nato a Napoli ma vive a Pescara, dove dal 2011 è direttore del FLA, il Festival delle Letterature dell’Adriatico.