Non si smette mai di leggere la Beat Generation

Bill Morgan è il grande bibliografo autorizzato della Beat Generation. È l’uomo incaricato di mettere le mani nei caotici, sterminati archivi di amati trapassati come Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Bill Burroughs, Gregory Corso, Neal Cassady, Gary Snyder e dell’unico che alla bella età di 91 anni si mantiene ancora vivo, ovvero Lawrence Ferlinghetti. Mentre in questi anni si sta curando la pubblicazione degli epistolari di questi artisti – e non è uno scherzo, perchè tra loro si scrivevano ossessivamente, lettere lunghe come fiumi e disperse ogni dove, che il paziente studioso ritrova, cataloga e annota – Morgan ha preso un’altra lodevole iniziativa editoriale: si chiama “The Typewriter is Holy” (Free Press, con download Kindle), la macchina da scrivere è santa, sottotitolo “la completa storia della Beat Generation senza censure”.

Il libro è utile e perfino avvincente: pagina per pagina, sulla base delle conoscenze accumulate, l’autore si occupa di ricostruire come andarono veramente le cose all’interno di quel gruppo che, dal suo punto di vista, fu fortemente voluto e tenuto insieme da Allen Ginsberg, che ne fu sempre il motivatore, il collante e l’animatore. Risalendo fino al 1943, quando questi futuri monumenti viventi erano solo degli sbarbatelli spiantati e delle impazienti teste calde, Morgan ricostruisce dove, come e perché si incontrarono e si legarono fra loro, con quali dinamiche, attraverso quali infiniti viaggi e spostamenti, quali fossero le prerogative caratteriali di ciascuno, quali gli sviluppi delle parabole individuali e le reciproche interferenze. E soprattutto, come uno con l’altro si trasmisero il virus della scrittura, della sperimentazione letteraria, il desiderio di dar vita a qualcosa di nuovo che parlasse una possibile lingua della modernità. “The Typewriter is Holy” è lettura deliziosa, prima di tutto come inesauribile repertorio di aneddoti, per afferrare quali fossero le gerarchie e le relazioni – a cominciare dal ruolo dell’omosessualità – all’interno del gruppo. Ad esempio, per soppesare l’ambiziosa misoginia di Kerouac, la scanzonata paraculaggine di Cassady e le personalità più complesse e contraddittorie della banda, quelle di Ginsberg e Burroughs, che si occuparono di coniugare le convenzioni borghesi con quella voglia collettiva di provocare il costume americano

Stefano Pistolini

Stefano Pistolini fa il giornalista e lo scrittore ed è autore radiotelevisivo. Collabora con Il Foglio.