4 cose sugli arresti di giovedì

Primo punto: lasciamo perdere la storia della giustizia a orologeria. Andrebbe consigliato anche a Forza Italia, se non fosse che da quelle parti hanno dei tic, reazioni che scattano in automatico. Perché se l’arresto di Scajola fosse stato deciso un mese fa avremmo dovuto denunciare la coincidenza con l’ordinanza sull’affidamento di Berlusconi. Due mesi fa, l’inchiesta sull’Expo sarebbe stata raccontata come un’intimidazione al governo Renzi appena insediato. E tre mesi fa, l’arrivo contemporaneo delle notizie da Reggio Calabria e da Milano sarebbe stata una bomba contro l’accordo del Nazareno sulle riforme. E via elencando: la politica italiana non lascia una sola settimana di tregua, perché le iniziative delle procure possano essere valutate solo per ciò che sono.

Dopo di che (secondo punto), è evidente che tra gli arresti per l’Expo e quelli legati alla latitanza di Matacena, nonostante il nome altisonante di Scajola e le modalità spettacolari (davvero così necessarie?) del suo arresto, sono i primi a spaventare di più la politica. Perché annunciano l’inquinamento criminale non su una storia del passato, ma su una grande scommessa nazionale del presente. Per di più, con modalità e perfino nomi di protagonisti ripresi pari pari dalla Tangentopoli classica.

Terzo punto. Va colto il messaggio di Bruti Liberati: interveniamo per aiutare il proseguimento corretto, trasparente e rapido dei lavori dell’Expo, non per rendere le cose più difficili. È un segno di responsabilità. Pare conseguente e coerente la decisione di Renzi di andare già martedì nei cantieri: nessuna furba presa di distanza, l’Italia e Milano devono dimostrare di poter completare l’opera, smascherando, colpendo e superando il parassitismo tangentizio.

Quarto punto: solo la celerità delle inchieste e la credibilità di una gestione di governo nuova, in totale discontinuità con qualsiasi passato può disinnescare la strumentalizzazione elettorale che Grillo sta già tentando.
La preparazione dell’Expo data da talmente tanto tempo da aver coinvolto amministrazioni d’ogni tipo e colore, la cui attività sarà scrutinata con attenzione. Cinquestelle può chiamarsene fuori: lo farà rumorosamente. Ma anche per Renzi questa può diventare un’occasione – inaspettata, indesiderata, infelice – per marcare la differenza di una politica lontana anni luce dai tempi bui e dalle pratiche opache delle tangenti e delle raccomandazioni.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.