Tre mosse vincenti del PD

Un po’ fermi dopo la ripetuta sbornia delle primarie? Può darsi. La ripartenza del Pd però è sincronizzata col momento giusto (l’effettiva apertura della campagna elettorale, i trenta giorni davvero decisivi) e soprattutto schizza via in varie direzioni, coprendo settori di campo diversi.
Che oggi si chiamano: F-35, Financial Times, Matteo Renzi. In attesa, venerdì e sabato prossimi, di una importante ancorché delicata (si tratterà di modulare il messaggio giusto) conferenza della Cgil sul lavoro.

Il preannuncio della rimessa in discussione del programma di acquisti per la difesa varato dal governo Prodi è destinato a essere popolare, non solo a sinistra, in un momento di tagli alla spesa pubblica e ai bilanci famigliari. Vendola ovviamente plaude, la copertura sul fronte Ingroia è buona, e questo senza rinnegare l’ormai consolidata politica di sostegno alle missioni militari italiane nel mondo.

L’editoriale anonimo (dunque ufficiale) del Financial Times è uscito lunedì al termine di una giornata convulsa, sicuramente sotto la pressione di un importante leader europeo come Monti infuriato per l’attacco subito dall’altro commento del quotidiano inglese, quello di Münchau. Ma la confusione non può distrarre dal punto centrale, davvero una novità: l’organo della business community ha sdoganato il Pd e Bersani come soggetti affidabili per il governo di un paese a rischio com’è tuttora l’Italia. Chiaro che FT dichiari un investimento sulla coppia Bersani-Monti: mostra di collocarsi esattamente sul baricentro del probabile assetto politico italiano post-elettorale. Dopo i viaggi di autoaccreditamento di Bersani e Fassina, il risultato è acquisito: il Pd non è visto come la sinistra-spauracchio del tassa e spendi.

Infine, la serata del 1 febbraio a Firenze. Bersani e Renzi insieme sul palco, per quello che fin d’ora è considerato l’evento clou della campagna elettorale. Non è solo significativo che si svolga: è significativo che sia inteso e considerato, innanzi tutto dall’entourage bersaniano, come un passaggio importante per il successo finale.
Potrebbe realizzarsi il miracolo nel quale speravamo: quello di un Pd inevitabilmente spostato a sinistra e però capace di mettere in campo personalità, idee e messaggi per un target più ampio. Ciò che serve non solo per vincere in modo non risicato, ma per conquistare per un periodo più lungo il centro della scena nazionale.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.