Bersani, non ci andare

Prima ancora di cominciare, come al solito, lo scontro elettorale si trasforma in scontro dentro e sulla televisione. In un passaggio della sua maratona mediatica (pare che avrebbe voluto andare in onda anche a Natale e Santo Stefano: la Rai ha dovuto emanare un regolamento ad hoc per arginare l’invasione), Berlusconi ieri è tornato su un topos di ogni campagna da vent’anni a questa parte: il faccia a faccia tv. Di cui questa volta, guarda un po’, lui sente grande bisogno.

La sensibilità berlusconiana per il confronto pubblico con gli avversari è perfino più variabile delle sue posizioni politiche. Su sei volte nelle quali Berlusconi s’è candidato, il faccia a faccia quattro volte l’ha voluto e due volte l’ha sdegnosamente rifiutato. Con precisione matematica: lo rifiuta quando i sondaggi lo vedono in vantaggio; lo cerca quando deve recuperare (a parte il ’94, l’anno dell’esordio, dello scontro col completo marrone di Occhetto).

Nel 2001 e nel 2008 Berlusconi si tenne alla larga da Rutelli e da Veltroni, che lo sfidarono in ogni modo possibile, dicendosi troppo superiore per potersi abbassare al livello degli antagonisti. Nel 2006 Prodi volle fare il signore, quale è, e diede spazio al premier uscente che tentava una rimonta disperata. La fine è nota. All’ultimo minuto dell’ultima domanda del secondo e ultimo dibattito, per impedire all’interlocutore qualsiasi contestazione e replica, Berlusconi tirò fuori il coniglio dell’abolizione dell’Ici. La rimonta elettorale fu completata, l’Unione non vinse di fatto le elezioni, la legislatura fu disastrosa e di quella promessa dell’abolizione dell’Ici l’Italia paga ancora le conseguenze.

Tutto questo per dire, nel modo più secco possibile: Bersani, contrariamente a quanto ha detto ieri, non deve fare alcun dibattito televisivo con un brigante di tal fatta. Oltre tutto, stavolta Berlusconi non è neanche lo sfidante principale: semmai dovesse esserci un confronto fra candidati, andrebbero convinti e coinvolti anche gli altri (non sappiamo neanche chi: Monti? Ingroia? Grillo?). Molto improbabile. Meglio non pensarci proprio. E tenere Berlusconi sotto, a sbattere da solo la testa contro la scatola televisiva nelle strettoie della par condicio, a pagare il pegno di una inguaribile slealtà e scorrettezza.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.