I democratici erano nati per questo

Poteva stupire con gli effetti speciali, invece ieri Matteo Renzi ha preferito puntare ad altro. A dare spessore a una candidatura che nella migliore delle ipotesi viene considerata come una folata di vento: forte ma anche passeggera.
Il discorso è stato lungo (troppo), rafforzato da frequenti riferimenti a italiani-tipo in carne e ossa e con nomi e cognomi (tecnica tipicamente anglosassone che Bersani non utilizza mai) e pieno di contenuti schiettamente liberal che sono già nel patrimonio politico e culturale del centrosinistra (non solo grazie al Lingotto di Veltroni). L’insistenza sul merito e sulle opportunità declinati come concetti “di sinistra” è una sfida alla vulgata corrente nel Pd, per la quale la risposta progressista alla crisi economica e alle sofferenze sociali deve invece puntare sulla rassicurazione e sulla protezione.
L’unica cosa veramente sbagliata Renzi l’ha detta dopo il discorso, quando s’è lamentato che i primi titoli di stampa tralasciassero questi aspetti di contenuto ed enfatizzassero invece il suo appello agli elettori delusi da Berlusconi (appello, ha spiegato, che riguarda le elezioni politiche, non le primarie).
Sbaglia a lamentarsi, Renzi. Forse questa parte del discorso gli costerà qualche critica, e forse gli alienerà qualche voto “di sinistra”. Ma è l’unica vera rupture rispetto agli ultimi anni di vita del Pd. Più forte della stessa idea della rottamazione. È la promessa di un’inversione di rotta rispetto all’atteggiamento rinunciatario di coltivare e contendersi solo i consensi della propria area tradizionale.
Con milioni di italiani politicamente allo sbando, parcheggiati nell’incertezza o consegnati al populismo di Grillo, quest’opera di ascolto, dialogo e convincimento non sarebbe solo una manovra di sfondamento elettorale nel campo avverso: sarebbe una missione schiettamente democratica, civile. Un dovere. Il compito che il Pd s’era assegnato al momento di nascere cinque anni fa, guarda caso nei gazebo delle primarie.
Per la ricostruzione di cui parla sempre Bersani c’è bisogno di coinvolgere anche questi italiani qui, i famosi “delusi da Berlusconi”. Oserei dire che sono indispensabili.
Renzi vuole provarci? Bravo. Ma è in generale il Pd, chiunque vinca le primarie, che ha l’obbligo di provarci. Anche perché i “moderati” di professione, ai quali si voleva delegare il lavoro, non sono capaci neanche a questo.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.