Il limite del compromesso

Il prossimo sistema elettorale non ci piacerà. Sarà meglio del Porcellum – ci vuol poco – ma sarà sicuramente peggio del Mattarellum, per non dire di sistemi logici e comprovati come il doppio turno di collegio francese o il maggioritario inglese. Che però, come sistemi, sono utopie da democrazia matura e stabilizzata: noi dobbiamo realisticamente fare i conti con il compromesso possibile in una democrazia permanentemente in transizione. A ben guardare, l’aspetto peggiore della prossima legge elettorale sarà di essere considerata imperfetta, provvisoria e riformabile perfino da coloro che la voteranno in parlamento.

Tant’è, aspettiamo a vedere che cosa viene fuori e in che misura saranno soddisfatti i requisiti affermati come ineludibili: che venga restituita agli elettori la scelta degli eletti; e che la sera dei risultati si sappia subito chi governerà.
Dovessero essere vere le anticipazioni che circolano, il primo requisito sarebbe soddisfatto; quanto al secondo, diciamo che col premio di maggioranza intorno al 12 per cento solo per il primo partito, la sera dei risultati si saprà chi ha vinto. Mentre per capire chi governa (anche inteso come presidente del consiglio) toccherà rimettersi alla realizzazione di accordi politici e parlamentari, auspicabilmente dichiarati prima delle elezioni e non tenuti nascosti.
Questo è il nodo, còlto qui oggi anche da Claudio Petruccioli.

Tornare ai governi nati in parlamento è un tornare alla Costituzione. Suonerebbe però truffaldino varare un sistema deliberatamente imperfetto, escogitato solo per consentire ai partiti di spacciare per stato di necessità (dopo il voto) alleanze e magari premiership e programmi di austerità che non si ha avuto il coraggio o la forza di proporre agli elettori prima del voto.
Siamo disposti ad accettare il compromesso. Anche un compromesso grigio. Ma non una furbata che, nel momento della solenne riaffermazione del primato della politica, consenta in realtà di perpetuare la deresponsabilizzazione dei partiti. Non venite poi a lamentarvi dei tecnocrati e dei grillini.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.