Barbari e basta

Misoginia a piene mani. Il razzismo “delle origini” che torna a rivolgersi contro «i non lombardi». L’eterno sospetto sui complotti centralisti. Sono gli ingredienti di un’operazione di salvataggio e rigenerazione leghista che dovrebbe essere d’emergenza, ma appare invece talmente impregnata di cinismo e calcolo da giustificare il retropensiero su un lavorìo partito da lontano: secondo molti degli attuali perdenti nella Lega, un lavorìo originato addirittura in qualche stanza del Viminale, palazzo romano occupato fino a cinque mesi fa da Roberto Maroni.

L’inchiesta sull’utilizzo dei finanziamenti nel Carroccio è diventata in pochi giorni un kolossal, col coinvolgimento di almeno sei procure. Sembra molto, in considerazione dei reati fin qui ipotizzati: socialmente inaccettabili (a periodi storici alterni) ma fin qui limitati sotto il profilo penale. Vedremo. Intanto Maroni s’è dovuto mettere (seguendo lo stesso schema della Margherita a febbraio) nelle mani dei magistrati, gli stessi che per Bossi erano agenti della trama centralista.

Comunque, i cavalieri che dovrebbero salvare il Carroccio non fanno molto per meritarsi simpatia. La serata di Bergamo, lungi dall’avviare un percorso politico solido e trasparente, ha offerto un concentrato del peggio della Lega, trasformandosi in una celebrazione orgiastica, un rito di esorcismo di demoni e alieni il cui celebrante non è stato il vecchio stregone bensì il “nuovo” sacerdote.

Invece di trattenersi davanti a parole d’ordine logore e fuori tempo, a Bergamo le colpe di un intero gruppo dirigente sono state scaricate innanzi tutto su una donna (non però la moglie del fondatore): la strega, la nera, la pugliese, l’amante dei poliziotti, nulla è stato risparmiato a Rosy Mauro in un delirio misogino che trova sui giornali sponde compiaciute.

Poi è toccato a un governo che importa gli immigrati, a un ex tesoriere «non lombardo», ai soliti nemici del federalismo. Neanche la platea bergamasca sembrava tanto convinta: nei barbari sognatori il sogno si sta spegnendo, rischia di rimanere solo la barbarie.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.