Il televoto su Berlusconi

Alfonso Signorini ha lavorato bene. Certo più efficace del goffo Alessio Vinci. La controffensiva Mediaset è pura controprogrammazione tv: confezioniamo e diamo su tutte le reti un polpettone umanitario che batta per ascolti e per gradimento il porno-soft della procura di Milano.

Nessuno dalle parti di Berlusconi si illude che la storia lacrimevole di Ruby violentata da piccola possa intenerire i magistrati: il filone giudiziario della vicenda è ancora lì spalancato, tuttora molto difficile da affrontare e anche da evitare per l’imputato numero uno. A Milano stavolta non hanno fatto errori, dunque rinvio a giudizio e processo rimangono minacce concrete per il presidente del consiglio.
La sceneggiata innocentista è affollata di attori vivaci (Ruby, Sabina Began, il medico Zangrillo) ed è invece destinata al vasto pubblico, con un triplice obiettivo: in eventuale chiave elettorale; per offrire una narrazione e argomenti di battaglia ai legionari del premier; per tenere fermi gli scontenti del Pdl e intimorire le opposizioni, uscite dalla titubanza figlia del 14 dicembre.

Se anche solo la storia del Berlusconi disinteressato benefattore risultasse credibile quasi come quella del Berlusconi cliente compulsivo di prostitute, il risultato sarebbe comunque raggiunto. Non ci sarebbe più una sola verità, umiliante, ma due verità, da spacciare al pubblico come equivalenti.
Non è così, e non dobbiamo lasciarci incantare. Il melò inventato in post-produzione da Signorini e recitato nel videomessaggio dell’utilizzatore finale confligge con ogni parola di quelle pronunciate in tempo reale non solo da Ruby, ma da tutte e tutti i protagonisti della vicenda, che riguarda crudemente un giro di prostituzione organizzata del quale Berlusconi era il cliente principale.
L’accusa lanciata ai magistrati di Milano, di aver diffuso le intercettazioni solo per colpire Berlusconi senza il processo, va ribaltata nel suo opposto. Questo quadro andava conosciuto, sarebbe stato dovere di chiunque ne fosse stato al corrente di renderlo pubblico, per poter giudicare dello stato psico-fisico, della debolezza morale e personale, della ricattabilità dell’uomo più potente del paese.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.