Dieci ragioni (più una) per cui se Sorrentino vince la Palma d’Oro con This must be the place è un’ingiustizia. Per Sorrentino stesso.

1. Perché c’erano più idee nei primi tre minuti de Il Divo che in due ore di This must be the place.

2. Perché Sean Penn è bravo, sì, con quella camminata, la voce, gli occhi sempre inquadrati e dolenti, ma Cheyenne è un fumetto, una macchietta, costruita prendendo spunti da tra o quattro personaggi veri e un po’ mescolati. Ben diverso e più difficile è stato il lavoro toccato a Servillo, sempre per rimanere in tema di paragone con Il Divo.

3. Perché in questo film ci sono un bel po’ di cose paracule e piacione tipo la battuta sugli Arcade Fire che è un po’ come quando Sofia Coppola sull’ultima scena fa partire Just like honey e tutti a pensare “eh che paracula”.

4. Perché trattare così un tema come l’Olocausto è uno spreco, è buttato lì, è solo un pretesto,  ed è un peccato.

5. Perché This must be the place sono come due film attaccati insieme e la Palma d’Oro caso mai se la merita la prima parte, quella ambientata in Irlanda, ma non mi risulta che si possa assegnare un premio solo a metà film.

6. Perché il cameo di David Byrne è inutile e serve solo a far dire “uh c’è David Byrne nel film di Sorrentino” (vedi al punto 3.).

7. Perché Francis McDormand è straordinaria ed è un vero peccato, quasi un crimine che a un certo punto sparisca dalla storia

8. Perché che Sorrentino sappia dirigere gli attori non c’è dubbio, che sappia girare ancora meno, ma la sceneggiatura è firmata da due sole persone: lui e Umberto Contarello. Ma dico, farsi aiutare? Pareva brutto? Perché come dice Woody Allen…

9. “la sceneggiatura è la cosa più importante” e qui la storia funziona e non funziona: c’è troppa roba, troppi temi, troppe citazioni e qualcuno che gli avesse detto “Paolo, anche meno trappa venti pagine, dai” forse sarebbe servito

10. Perché nonostante lui dica il contrario non è il suo film migliore. Forse – anzi: sicuramente – è il film che ha sempre sognato di fare, ma non sempre i nostri sogni coincidono poi con quello che ci viene meglio nella vita reale.

11. Perché lui e Sean Penn si sono conosciuti a Cannes nel 2008 quando Sorrentino era in gara con Il Divo e Penn era presidente di giuria. E allora, se Penn era rimasto così colpito da Sorrentino tanto da chiedergli già in quell’occasione di lavorare con lui, perché, mi chiedo, non si è impegnato e impuntato per fargli vincere la Palma d’Oro già quell’anno?

(PS1 a difesa di Penn bisogna dire che a Il Divo andò il Gran Premio della Giuria e probabilmente per merito suo, quindi questa undicesima motivazione vale e non vale ecco).

(PS2 questo post è scritto relativamente a caldo, nel senso che il film l’ho visto stamattina alla proiezione delle 8.30. Il fatto che sia tutto il giorno che comunque ci pensi, indica che probabilmente tra una settimana avrò cambiato idea e lo considererò un capolavoro. Alle volte, con i film, capita. Vedremo).

Simona Siri

Vive a New York con un marito e un cane. Fa la giornalista e ha scritto due libri: Lamento di una maggiorata (Tea, 2012) e Vogliamo la favola (Tea, 2013). Segue la politica americana, il cinema e le serie tv. Ama molto l'Italia e gli italiani, ma l'ha capito solo quando si è trasferita negli Usa.