Drin drin

Un mio amico marchigiano mi ha detto che sta scrivendo un pezzo per un convegno dove vuol parlare della Romagna, ma non la Romagna allegra di cui parla Tondelli in Rimini, non la Romagna delle spiagge, delle discoteche, delle notti d’estate, non la Romagna ottimista di Romagna e sangiovese di Raoul Casadei, non la Romagna del boom economico, no, a lui interessa la Romagna triste, intima, malinconica, la Romagna di Guido Guidi, il fotografo, quella di Raffaello Baldini, il poeta, e io gli ho detto che era strano che me lo diceva e che usava proprio quella parola lì malinconica perché io avevo appena cominciato a fare una lettura integrale delle poesie di Raffaello Baldini in una libreria di Bologna, e dopo che le leggo le metto in rete, la registrazione, su un sito internet che si intitola ilpost punto it dove uno se vuole le può ascoltare e se vuole può anche commentare quel che ha sentito e avevo appena messo in rete la prima lettura, l’integrale della prima raccolta di Baldini che si intitola E’ solitèri, che significa Il solitario, nel senso del gioco delle carte, e un signore l’aveva commentata dicendo che facevamo bene a divulgare l’opera di Raffaello Baldini che però non lo convinceva per niente la «cantilena parmense» di Nori, che aggiungeva «un velo di malinconia rassegnata che nell’originale, specialmente se letto dallo stesso Baldini, è del tutto assente».

Adesso, io, parmense, secondo me quel signore lì non è tanto pratico di Parma perché io, parmense, non sono parmense, son parmigiano, parmensi son quelli della provincia io son di Parma, nato a Parma cresciuto a Parma ma a parte quello, quel signore lì, ho detto al mio amico, ha un’idea della Romagna che non dico che sia sbagliata, mi ricordo per esempio una volta che con mia mamma abbiam letto una poesia che c’è in copertina del libro che sto leggendo a Bologna (che si intitola La nàiva Furistìr Ciacri), poesia che dice: «Ma così, delle volte, quando torno a casa, la sera, prima d’infilare la chiave, suono, drin, drin, – non risponde mai nessuno», che a mia mamma, questa poesia qua, la fa ridere, e a me invece un po’ mi immalinconisce ma son contento, di immalinconirmi, gli ho detto al mio amico, anche se non mi sembra che la mia sia una malinconia rassegnata, sicuramente non è parmense e probabilmente non è rassegnata che io ho cominciato anche un romanzo con una premessa che fa così: «Io ormai è una vita che sono sul punto di rassegnarmi», che mi sembra la condizione di uno che non è rassegnato, altrimenti non sarebbe sul punto, di rassegnarsi e a me, per esempio, l’altro giorno ho comprato un libro perché aveva in epigrafe al quinto capitolo una frase di Kafka che diceva così: «C’è speranza ma non per noi», che a me l’idea di una vita senza speranza mi piace molto e non mi sembra per niente rassegnata e tra l’altro, gli ho detto al mio amico, anche quella Romagna lì di Tondelli delle feste delle discoteche, a me mi sembra malinconica anche quella, che io, il posto più malinconico dove son stato è Eurodisney, gli ho detto, che mi ha fatto venire in mente quella frase di Gogol’ che dice «Avete provato anche voi quella sensazione di dopo la festa, che ti sembra che la pelle ti si stacca di dosso?»; ecco quella sensazione lì, gli ho detto al mio amico, secondo me è romagnola anche quella, ma anche emiliana, e anche parigina, devo dire, l’ho trovata a Eurodisney.

(uscito su Libero)

Paolo Nori

Mi chiamo Paolo Nori, sono nato a Parma, nel 1963, abito a Casalecchio di Reno e scrivo dei libri; l'ultimo si intitola "I russi sono matti" (Utet 2019). Il mio blog è: paolonori.it.