Non vedo l’ora

La faccia del più classico dei paisà in terra yankee, Sal(vatore, of course) Paolantonio, reporter di ESPN, è la cosa più divertente dell’intervista di fine gara a Bart Scott, difensore di linea dei New York Jets (lo stesso Scott dopo la sua agguerrita dedica a “tutti quelli che non ci credevano” ha ammesso: “Sembravo un po’ pazzo”).

Dopo aver fatto fuori New England, il suo “Can’t Wait!”, quasi urlato, riassumeva perfettamente tutta la voglia dei suoi New York Jets di andare a sfidare a casa loro i Pittsburgh Steelers, con in palio un biglietto per il prossimo Superbowl. Tanto che ieri il sindaco Bloomberg e migliaia di tifosi newyorchesi si sono ritrovati in Times Square per augurare le migliori fortune alla loro squadra. Il grido di battaglia? “Can’t Wait!”, ovvio.
E non vedono l’ora che arrivi il weekend anche tutti i tifosi di football, pronti a gustarsi prima la sfida tra Jets e Steelers – che è quella dei due quarterback, Mark Sanchez e Ben Roethlisberger, ma anche di due mostri della difesa come Darrelle Revis e Troy Polamalu – e poi uno dei grandi classici della NFL, Chicago Bears vs. Green Bay Packers.
Le due squadre si sono affrontate la bellezza di 181 volte (è un record), ma solo una di queste nei playoff. Era il 1941, e vinsero i Bears, 33-14. Da quella sfida sono passati esattamente 69 anni e 40 giorni. La rivalità, già accesa di suo (“Loro non ci piacciono, e a loro non piacciamo noi”, l’ottima sintesi di Brian Urlacher, stella difensiva di Chicago), è solo ingigantita da questi numeri.
Per la seconda volta negli ultimi 3 anni (ma anche per la seconda volta negli ultimi 28!) non c’è una testa di serie n°1 in campo, né in una conference, né nell’altra. Eliminati i Patriots dai Jets, stessa sorte è toccata ai Falcons di Atlanta (fatti fuori dai Packers). Segno che davvero tutto può accadere, e che i pronostici sono apertissimi.
Non resta che gustarsi la doppia sfida della domenica, per sapere chi andrà a giocarsi il prossimo Superbowl.
“Can’t Wait!”.

Mauro Bevacqua

Nato a Milano, nel 1973, fa il giornalista, dirige il mensile Rivista Ufficiale NBA e guarda con interesse al mondo (sportivo, americano, ma non solo).