“Years and Years”: e se andasse tutto a rotoli?

Russell T Davies è un autore televisivo britannico che si è fatto conoscere negli anni per alcune serie che hanno fatto storia, cominciando da Queer as folk, Bob & Rose, The Second Coming. Più avanti, tra il 2005 e il 2010, Davies ha scritto anche un bel po’ di Doctor Who, forse la serie britannica per eccellenza. Davies gode di una certa venerazione per la sua capacità di unire la profondità di certi temi, il modo diretto con cui li tratta e la leggerezza complessiva del prodotto, che in genere è sofisticato e insieme popolare. Va detto che è grazie a figure come la sua che il pubblico britannico è abituato a una tv che affronta i problemi, li rappresenta, ci si rotola in mezzo senza pudori e in qualche modo prova a superarli. Nel Regno Unito tra le altre cose – ebbene sì – la televisione è anche problematica e catartica.

Qualche anno fa, dopo la morte della celeberrima personalità televisiva Jimmy Savile (primo dj di sempre, conduttore di Top of the Pops, decenni di carriera e beneficenza), si scoprì che l’uomo era stato uno dei più spietati predatori sessuali di sempre. Passarono solo due anni prima che andasse in onda National Treasure: una miniserie di quattro episodi trasmessa da Channel 4 in cui si raccontava di un comico famosissimo a fine carriera che viene arrestato per violenza sessuale, il tutto raccontato dal punto di vista della famiglia. Il pubblico britannico insomma è abituato a vedere la contemporaneità sullo schermo, anche nei suoi aspetti più temibili.

La nuova serie di Russel T Davies, Years and Years (sei episodi di un’ora, BBC One, prima serata del martedì, l’ultima puntata andata in onda la scorsa settimana), fa esattamente questo lavoro di rappresentazione della contemporaneità in forma diretta e popolare. Anzi, a dire la verità il modello cui Davies si sarebbe ispirato, Our Friends in the North di Peter Flannery (nove episodi su BBC Two nel 1996) raccontava di una famiglia di Newcastle e il del suo attraversare anni di vicende politiche nazionali come lo sciopero dei minatori, gli anni della Thatcher, l’ascesa di Tony Blair. Invece Years and Years fa qualcosa di più: prende una famiglia dell’Inghilterra normale, di Manchester, non di quella bolla di unicità che è Londra, e la tiene d’occhio mentre il tempo scorre, questa volta, in avanti. Si parte dal 2019 e si arriva fino al 2034. E nel frattempo succedono un sacco di cose.

(Years and Years)

Racconta Davies che la notte delle elezioni americane, dopo che aveva tenuto il progetto nel cassetto, ha scritto una mail alla produttrice Nicola Shindler per dirle: “Se questo prende il potere, devo mettermi a scrivere immediatamente”. Perché Years and Years racconta proprio quella valanga lì, quella che sobbolle con la crisi economica del 2008, parte dalla Brexit, deflagra con l’elezione di Trump e sembra non volersi fermare più. Ma, nonostante ciò, questa non è una serie pessimista. Anzi.

Durante la prima puntata c’è un momento in cui si sente un telegiornale in sottofondo, nel quale si parla della morte dell’attrice Doris Day. Doris Day è morta il 13 maggio e la prima puntata di Years and Years è andata in onda il 14. Prima di staccarsi dalla contemporaneità e lanciarsi in un futuro poco rassicurante, hanno usato questo piccolo stratagemma per dare l’impressione di essere ancorati fermamente all’oggi. Da quel momento in poi, la storia si occupa soprattutto di una cosa: la famiglia Lyons e la sua sopravvivenza in tempi difficili da qualsiasi punto di vista. È esattamente quello che temiamo tutti, ma chi ha il coraggio di immaginarselo per davvero?

(Years and Years)

Come in altri casi in cui si è usato un gruppo sociale per raccontare l’impatto della storia sulle persone (La meglio gioventù o Forrest Gump, per citarne due), anche qui ci sono dei protagonisti cui succede tutto, che sono toccati direttamente dagli eventi. Per ottenere questo risultato, i Lyons sono stati concepiti come una famiglia straordinariamente composita, nella quale le differenze sociali, culturali, etniche, di genere, generazione e orientamento sono tutte rappresentate. Stephen Lyons fa il consulente finanziario e viene investito dalla crisi finanziaria; Celeste Bisme-Lyons, sua moglie, è nera e fa la contabile, cioè un lavoro che diventa poco interessante man mano che l’automazione progredisce; Daniel Lyons è gay e si occupa di edilizia pubblica; Rosie Lyons ha la spina bifida, ha due figli che cresce da sola e lavora in un bar; Edith Lyons è un’attivista politica. Accanto a loro ci sono anche una nonna e alcuni nipoti decisamente particolari.

La storia dei fratelli Lyons e delle loro famiglie viene plasmata dagli eventi storici il cui corso realizza tutti i nostri timori attuali. La tensione politica e militare tra Stati Uniti e Cina cresce, le elezioni americane non cambiano le cose, l’opposizione ai migranti diventa un tema vincente per sempre più forze politiche in Europa e nel mondo. Lo sfondo storico è mutuato sulla realtà tranne per una figura, cioè il personaggio interpretato da Emma Thompson: Vivienne Rook, una ambiziosa industriale capace di una notevole sfrontatezza populista. Salita alla ribalta nazionale per aver detto in tv “I don’t give a fuck” (“Non me ne frega una cazzo”) a un giornalista che le chiedeva un’opinione sul conflitto israelo-palestinese, Vivianne Rook fonda il Four Star Party, il Partito Quattro Stelle, cioè una forza antipolitica che vuole ridare il potere in mano alla gente, con cui comincia a scalare il sistema.

(Years and Years)

I personaggi di Years and Years usano Alexa per telefonarsi, vedono sparire i posti di lavoro in favore di processi automatizzati, comunicano con strumenti sempre più aggiornati senza che questo li renda degli esperimenti tecnologici viventi. Nel giro delle sei puntate della serie ci si affeziona sempre di più alla loro umanità, e l’elemento fanta-politico sullo sfondo diventa sempre più minaccioso ma allo stesso tempo secondario. Tenere insieme tutto questo, rimanendo un prodotto da prima serata sul primo canale è una di quelle imprese che in genere vengono bene solo ai migliori. La tv britannica e Russell T Davies sono tra questi. Years and Years è una delle cose più interessanti dell’anno.

Matteo Bordone

Matteo Bordone è nato a Varese negli anni della crisi petrolifera. Vive a Milano con due gatti e molti ciclidi. Lavora da anni a Radio2 Rai e a volte in televisione. Scrive in alcuni posti, tra cui questo, di cultura popolare, tecnologia, videogiochi, musica e cinema.