I suoni del Mac ed i nostri

Sarà, ma a me l’eliminazione del BONG dai nuovi Macbook Pro ha dato da pensare. Ho molto rispetto per l’innovazione: come chi è ormai da un po’ nell’età adulta (per non dire peggio) mi domando spesso, quando qualcosa non mi piace, se il problema non sia il mio. Alcune volte la risposta è sì, sono io che non capisco.

Prima che qualche smanettone si precipiti a precisarlo lo dico io per primo: lo so, il BONG sui nuovi Macbook Pro può essere riportato in vita (e con lui un paio di decenni di nostri ricordi acustici); servono un paio di comandi sul Terminale ma tecnicamente si può fare. Eppure questa notizia paradossalmente peggiora ancora il mio stato d’animo nei confronti di Apple e del suo sguardo tanto concentrato sul futuro e così indifferente alle tradizioni. Perché non avete scelto di attivarlo/disattivarlo su richiesta? Per esempio con una flag nelle preferenze di sistema in un luogo alla portata di tutti? Per quanto mi riguarda Apple avrebbe anche potuto scrivere “Vuoi eliminare il vecchio e fastidioso BONG all’avvio di MacOS che tanto ormai qui tutto si accende in un attimo?”. Io forse unico al mondo avrei detto: no grazie, me lo tengo così.

Ho ben presente la chimica del ricordo e so anche che nulla di tutto questo può essere imputato ad un’azienda che vede nel cambiamento la propria ragione di esistere. Paradossalmente esistono scene madri di violenta innovazione che alcune aziende tecnologiche mettono in scena proprio nel momento della loro crisi: ovviamente non è questo il caso. Esistono però alcuni simboli identitari che l’azienda della Mela (una azienda particolare che per moltissimi anni sull’identità con la propria clientela ha costruito la sua fortuna) oggi sceglie di cancellare (un altro, per esempio, è la mela illuminata sul retro dei Macbook). Decisioni che dicono qualcosa di noi ma anche di Apple stessa.

Apple non è più da tempo – intanto – un’azienda che fa computer. Una quota rilevante dei clienti di Cupertino il BONG nemmeno sa cosa sia. Non perché siano come me nell’età adulta (diciamo così) ma perché da quell’azienda acquistano prevalentemente telefoni e qualche tablet. I quali come è noto (e per fortuna) quel suono novecentesco e quasi fastidioso all’avvio non l’hanno mai avuto.

Il BONG dei Mac assomiglia in qualche maniera, per banale contiguità acustica del ricordo, ad un altro suono dissonante e obbligatorio: quello dei vecchissimi modem analogici che chi ha una certa età (diciamo così) o che comunque è su Internet da abbastanza tempo ricorda certamente. Mia figlia grande ricorda quel suono perché mi dice che la cullava quando stava per addormentarsi; l’altra mia figlia, la più piccola, neonata irrequieta dal sonno capriccioso e leggerissimo, molto volte è stata svegliata dal BONG di una mac che si accendeva nella stanza accanto con conseguenti brevi crisi familiari (nelle quali sempre interveniva mia moglie con qualcosa del tipo “ora però la addormenti TU”).

Tutti noi sappiamo che esiste una variante della Sindrome di Stoccolma che riguarda Apple e la sua clientela. Che è poi la ragione per cui ogni scelta tecnologica, anche la più piccola ed insignificante, viene sottoposta a giudizi implacabili e spesso un po’ barbosi (tipo quello che state leggendo) ma poi alla fine silenziosamente accettata. Si tratta di un rapporto sentimentale, basato sul conflitto e su una fiducia spesso irrazionale, come l’infatuazione che è possibile sviluppare per il proprio carceriere.

Oggi forse semplicemente il carceriere, fra jack che scompaiono, computer con uscite impazzite ogni volta differenti, dongle a 49 euro da acquistare a parte, mouse che si ricaricano ribaltandoli come le tartarughe, è irrequieto e incerto. E perfino noi, suoi amati reclusi, abbiamo minor disposizione d’animo ad approvarne le continue fughe in avanti e guardiamo con la coda dell’occhio la luce oltre le sbarre.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020