La reputazione di Beppe Grillo

Grandi giornali strillano la notizia ed insinuano il commento. La notizia è che secondo una ricerca assai spannometrica di Marco Camisani Calzolari la metà dei follower di Beppe Grillo su Twitter sarebbero “non umani”. Il commento, lasciato finemente sottotraccia, è che Grillo abbia comprato in rete finti followers per dimostrare (a chi? Ai media stessi?) maggior consenso di quello che effettivamente ottiene.

Tutta la storia è una stupidaggine e lo è prima ancora di approfondire (per chi ne avrà voglia, personalmente lo trovo un argomento noiosissimo) se la ricerca in questione sia o non sia in qualche misura affidabile.

È una stupidaggine perché la reputazione in rete di Beppe Grillo, così come quella di chiunque altro, non si misura con i numeri dei fustini del Dash. La logica quantitativa applicata alle relazioni di rete è una scemenza che viene da prima della rete. Applichiamo, da un decennio almeno, dinamiche vecchie ad uno strumento nuovo. La quasi totalità dei soggetti in campo, dagli investitori pubblicitari ai centri media, dagli uomini del marketing alle piattaforme editoriali, continuano a ragionare oggi su Internet esattamente come ragionavano prima che internet esistesse. Il fustino del Dash come unità di misura nei secoli dei secoli. Anche (e soprattutto) della propria inadeguatezza.

Detto in altre parole se anche Beppe Grillo avesse comprato followers su Twitter (il che mi pare abbastanza improbabile) per la reputazione di rete di Grillo non cambierebbe nulla poiché altre, più corpose e significative, sono le relazioni che costruiscono la reputazione in rete di ciascuno di noi. Ma se anche ci interessasse seguire una inesistente relazione lineare fra numeri e reputazione chi fra i tanti siti editoriali che oggi scrivono delle pratiche di Grillo può dirsi estraneo a questi maneggi? Anche mettere il refresh della propria homepage a 300 secondi (come fanno tutti i siti web editoriali italiani più importanti) è una forma di circonvenzione dei numeri del proprio successo per mere ragioni di reputazione commerciale. Una pratica inutile e leggermente deprecabile non dissimile da quella di comprare amici in rete.

Giocherellare con una non notizia del genere ha poi attinenza anche con una certa superficiale comprensione del traffico di rete. Che è, in una quota non trascurbile, sempre e comunque un traffico “non umano”. Il sillogismo che la “ricerca” di Camisani Calzolari insinua, quello secondo il quale se da una parte un profilo Facebook o Twitter ha molti sottoscrittori non umani e visto che contemporaneamente in rete chiunque può con facilità acquistare finti follower a mazzate per dar lustro alla propria vanità (o al proprio modello di business o alla propria ascesa politica), allora molto probabilmente il gestore di quel profilo ha truccato i conti, è non solo un sillogismo scorretto ma anche, più che una ricerca scientifica un misero processo alle intenzioni.

Non mi meraviglia che, esattamente mentre scrivo, Beppe Grillo e Camisani Calzolari incrocino le spade su Twitter e sui rispettivi siti web a colpi di noiosissime accuse e controaccuse, mi interessa molto di più che esista una certa stampa vulcaniana con le orecchie dritte verso qualsiasi tema di rete che possa riguardare Grillo e che, per simili scopi, sia disponibile a qualsiasi compromesso informativo. Compreso quello di accostare uno strategico “si dice” accanto a una stupidaggine qualsiasi.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020