Blaterare

Blaterare vuol dire parlare a vanvera, a sproposito, a ruota libera; chiacchierare – con petulanza o noiosa insistenza – di cose vane, assurde o insignificanti; aprire bocca senza riflettere, talora con enfasi o troppa eccitazione; perdersi in discorsi che non portano da nessuna parte (e perciò inutili, infruttuosi o inconcludenti). Ciarlare, cianciare, ciangolare (assai meno usato) sono buoni sinonimi del nostro verbo (insieme al letterario ciaramellare), mentre cicalare accentua il fatto che la noia prodotta dalle nostre parole sia gravata da una protratta, stucchevole, eccessiva lunghezza.

Farfugliare (con cianfrugliare o ciangottare, quasi in disuso) dà l’idea del disordine, della confusione, dell’incomprensibilità del nostro parlare, inteso come modo assai poco intelligibile di pronunciare frasi, espressioni o singole parole. Sproloquiare e straparlare, dal canto loro, suggeriscono che l’interessato dica ben più del dovuto o del necessario, e sono più forti di blaterare. Di ancor maggiore intensità sono delirare, farneticare, sragionare, straparlare, vaneggiare o dare i numeri, allusivi a una condizione mentale, di totale insensatezza o irragionevolezza (fino a rasentare la follia), non dissimile dallo stato confusionale provocato da traumi, malattie o altro.

L’origine di blaterare è l’omonimo verbo latino, molto probabilmente di origine onomatopeica. Attestato in Orazio, Apuleio e altri autori, è spiegato così dal grammatico Pompeo Festo (II sec. d. C.): «Blaterare est stulte et praecupide loqui, quod a Graeco βλάξ originem ducit. Sed et camelos, quum voces edunt, blaterare dicimus» (Sexti Pompei Festi, De verborum significatione quae supersunt cum Pauli epitome emendata et annotata a Carolo Odofredo Muellero, Lipsiae, in Libraria Weidmanniana, 1839, p. 34; “Blaterare è parlare in modo sciocco e smanioso, e discende dal greco βλάξ. Ma anche dei cammelli, quando emettono il loro verso, si dice che blaterano”).

Nel latino tardo e medievale blaterare non avrebbe smesso di riferirsi, in aggiunta agli altri significati, al verso sonoro, rumoroso o strepitante – oltreché di un cammello – di una pecora o di una rana: «Blacterare, sonus ranae; inde blacterones, inepte clamantes. Blas, stultus; indi blacterare, stulte loqui» (Papia [sec. XI], Elementarium). Sarebbe avvenuto lo stesso per il francese blatérer.

Tutti i dizionari dell’italiano (fra storici, etimologici e dell’uso corrente) attestano blaterare solo a partire dall’Ottocento, nell’ambito circoscritto dell’uso locale («Blateràr, v. Voce latina usata però nel vernacolo dalle persone colte, Gracchiare, che vale Parlare assai e senza bisogno e con vana malignità», Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano di G. B., Venezia, coi Tipi di Andrea Santini e Figlio, 1829, s. v.) o, nel contesto dell’idioma nazionale, non prima della ventisettana dei Promessi Sposi («Che se, per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente prodotto, fuggon da Scilla e [fuggon… e: questa parte, nell’edizione del 1840-1842, cade] danno in Cariddi: perché, se è prodotto, dunque non si comunica, non si propaga, come vanno blaterando», cap. XXXVII). Il verbo, in realtà, è documentato almeno dal secolo precedente:

«Nella serie de’ sette capi contenuti nel tomo II. non tanto l’autore fa uso della retta Ragione per convincere su ciascuno degli accennati articoli il Protestante, quanto […] egli fa toccar con mano la santità e convenienza di que’ dommi, contro i quali non potea blaterare che una greggia infida di malcontenti ed empj Novatori» (Novelle della Repubblica letteraria per l’anno MDCCLIX pubblicate sotto gli auspizj di Sua Altezza Serenissima Elettorale Massimiliano Giuseppe Duca ed Elettore di Baviera, Venezia, appresso Domenico Occhi, 1759, p. 384);

«Io ho la testa un pò dura, ma v’assicuro, Signori, che il blaterare di costui l’intronerebbe» (Lettere italiane aggiunte all’Antirretico in difesa della dissertazione commonitoria dell’avvocato Cammillo Blasi sopra l’adorazione, e la festa del cuore di Gesù, Roma, per Benedetto Francesi, 1772, p. 112).

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Vi ripropongo l’elenco delle 30 parole “da salvare”, che abbiamo immaginato qualcuno avesse deciso di cancellare prima del tempo, e vi invito a salvarne una. Fate la vostra scelta nei commenti qui sotto (potete esprimervi una sola volta; se farete una seconda scelta, o una terza, una quarta, ecc., verrà considerata soltanto la prima) e accompagnatela con un commento sul motivo per il quale salvereste proprio quella parola. Io spiegherò intanto via via le 30 parole.

1. abulico
2. afflizione
3. arguto
4. becero
5. bizzarro
6. blaterare
7. caustico
8. coacervo
9. corroborare
10. deleterio
11. elucubrare
12. fedifrago
13. fosco
14. giubilo
15. illazione
16. intrepido
17. laconico
18. magnanimo
19. mendace
20. nugolo
21. ondivago
22. preambolo
23. riottoso
24. sagace
25. sbigottire
26. sbilenco
27. solerte
28. sporadico
29. uggioso
30. veemente

Massimo Arcangeli

Linguista, critico letterario, sociologo della comunicazione. Si è sempre nutrito di parole, che ama cercare in giro per il mondo.