Magnanimo

L’origine di magnanimo è il latino magnanimus, un composto di magnus (“grande”) e animus (“animo”). Chi è magnanimo è dunque di animo nobile. La sua grande liberalità e generosità è la stessa di chi è munifico, le cui corrispondenze di significato con magnanimo non si esauriscono qui: un individuo munifico può essere pure, nella sua ammirevole volontà di donare (due dei significati del latino munus sono proprio “dono” e “regalo”), molto largo nello spendere volentieri in favore degli altri, nel rinunciare a parte delle proprie ricchezze per il vantaggio del prossimo, e lo stesso si può dire per magnanimo.

A un principe o un re, un imperatore o un papa magnanimo si può voler riconoscere il fatto che sia assai propenso a perdonare, scusare, comprendere (pietoso o clemente; meno forti umano, comprensivo o indulgente) oppure, soprattutto in testi poetici, filosofici, letterari del passato: 1) che agisca in sprezzo del pericolo (prode, ardito, coraggioso, intrepido), non si lasci condizionare dalla buona o dalla cattiva sorte, non si sottragga alle sue gravose responsabilità; 2) che sia di larghe vedute, abbia una visione, dimostri di pensare in grande e appaia degno di compiere grandi imprese, rinunciando a inseguire sogni, progetti, iniziative di scarso o secondario rilievo; 3) che si guardi dall’offendere o dal mostrare rancore, non si curi di pettegolezzi e maldicenze, non dissipi il suo tempo in chiacchiere inutili.
Il filosofo e politico socialista Giuseppe Ferrari (1811-1876) ha così commentato un passaggio di un trattato di Egidio Colonna (o Egidio Romano), allievo di Tommaso d’Aquino, sui precisi doveri di un sovrano:

«Conviene al principe esser magnanimo? Senza dubbio, perché la magnanimità lo rende impavido dinanzi al pericolo, dinanzi alle spese; non lo smove se non per grandi imprese; lo rende aperto, gli fa disprezzare le dicerie, e non gli permette di esser garrulo (Corso sugli scrittori politici italiani di Giuseppe Ferrari, Milano, Tipografia di F. Manini, 1862, p. 107)».

Destinatario del trattato politico (De regimine principum), composto dal Colonna sul finire del Duecento, era stato il re francese Filippo IV il Bello (1268-1314), pupillo del filosofo e teologo capitolino. Il suo regale dovere di dimostrarsi magnanimo risentiva della μεγαλοψυχία aristotelica, ricalcata dal latino magnanimitas. San Tommaso, nel suo commento all’Etica nicomachea (’Ηϑικὰ Νικομάκεια), definiva magnanimus chi si ritenesse degno di grandi cose, fatte da lui o da lui ricevute, essendo però realmente tale («qui dignum seipsum aestimat magnis, idest ut magna faciat et magna ei fiant, cum tamen sit dignus», In Eth., IV lect. VIII, n. 736). I magnanimi, oltreché disinteressarsi delle piccole cose, non dovranno curarsi di ciò che dovesse giungergli da persone qualunque, che non siano alla loro stessa altezza. Li appagherà solo quel gli sarà provenuto dai magnanimi loro pari.

Dante, nella Commedia, gratifica dell’attributo magnanimo sia Virgilio («“S’i’ ho ben la parola tua intesa”, / rispuose del magnanimo quell’ombra, / “l’anima tua è da viltade offesa», Inf. II, vv. 43-45) sia Farinata degli Uberti («Ma quell’altro magnanimo, a cui posta / restato m’era, non mutò aspetto, / né mosse collo, né piegò sua costa», Inf. X, vv. 73-75). Alla base dell’aggettivo italiano, come ho detto, c’era il latino magnanimus, a sua volta ricalcato sul greco (μεγαλόψυχος). Quanto a μεγαλοψυχία, il nome servì a indicare anche la personificazione femminile della magnanimità. La figura è riprodotta in una copia illustrata dell’erbario di Dioscoride Pedanio, medico e botanico greco vissuto a Roma nel I secolo d. C., al tempo di Nerone. Il manoscritto, databile intorno all’anno 512 d. C., si trova attualmente alla  Österreichische Nationalbibliothek di Vienna (Cod. Med. Gr. 1).

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Vi ripropongo l’elenco delle 30 parole “da salvare”, che abbiamo immaginato qualcuno avesse deciso di cancellare prima del tempo, e vi invito a salvarne una. Fate la vostra scelta nei commenti qui sotto (potete esprimervi una sola volta; se farete una seconda scelta, o una terza, una quarta, ecc., verrà considerata soltanto la prima) e accompagnatela con un commento sul motivo per il quale salvereste proprio quella parola. Nel corso della quarta edizione di Parole in cammino (il Festival della Lingua italiana e delle Lingue d’Italia: Siena, 1-5 aprile 2020), in cui lanceremo la Notte della Lingua Italiana (il 3 aprile), premieremo le motivazioni più belle. Io spiegherò intanto via via le 30 parole, una a settimana.

  1. abulico
  2. afflizione
  3. arguto
  4. becero
  5. bizzarro
  6. blaterare
  7. caustico
  8. coacervo
  9. corroborare
  10. deleterio
  11. elucubrare
  12. fedifrago
  13. fosco
  14. giubilo
  15. illazione
  16. intrepido
  17. laconico
  18. magnanimo
  19. mendace
  20. nugolo
  21. ondivago
  22. preambolo
  23. riottoso
  24. sagace
  25. sbigottire
  26. sbilenco
  27. solerte
  28. sporadico
  29. uggioso
  30. veemente
Massimo Arcangeli

Linguista, critico letterario, sociologo della comunicazione. Si è sempre nutrito di parole, che ama cercare in giro per il mondo.