Elucubrare

Elucubrare vuol dire applicarsi, focalizzarsi, concentrarsi a fondo, con pazienza, diligenza e assiduità – su qualunque cosa si ritenga debba richiedere un attento studio o un serio impegno –, perlopiù faticando o ingegnandosi per trovare una soluzione, una spiegazione o altro. La grande cura o l’estrema attenzione, suggerisce allo stesso tempo elucubrare, appaiono però spesso superflue in quanto frutto di un eccesso di zelo, o di un’esagerata meticolosità; i ragionamenti di chi elucubra diventano in tal caso confusi o improduttivi, inconcludenti o poco costruttivi, e sono allora tali da provocare ironia, generare sospetto o suscitare disappunto («Cosa accidenti stai mai elucubrando?»).

Riuscire a individuare un sinonimo preciso di elucubrare, nell’italiano corrente, è un’ardua impresa: cogitare è l’equivalente letterario dei generici pensare, meditare, riflettere; il punto focale di fantasticare, arzigogolare o almanaccare, o del rarissimo abbacare (un derivato di abaco), è l’infondatezza o l’estrema tortuosità del ragionamento, e ciò rende com’è ovvio più negativo, nel confronto con elucubrare, il significato trasmesso; scervellarsi, arrovellarsi, lambiccarsi (o stillarsi, se il tono è letterario, il cervello), spremersi le meningi – oltre al toscanismo ponzare, al raro strologare e agli stessi abbacare e almanaccare – suggeriscono l’idea di un processo meditativo che sia arrivato a sovraffaticare la materia cerebrale al limite dello sfinimento o dell’esaurimento, mentre rimuginare trasforma a sua volta l’oggetto di riflessione in un pensiero insistente, assillante o ossessivo; ponderare condivide con elucubrare la forte attenzione prestata o lo sforzo mentale compiuto, ma i valori semantici che esprime sono privi di qualunque sfumatura peggiorativa.

L’origine di elucubrare è l’identico verbo latino. Elucubrare, nell’antica lingua di Roma, stette in un primo tempo per “lavorare (o “elaborare”, “comporre”, ecc.) vegliando”, o “alla luce di una candela”, e poi passò a significare “lavorare” (o “elaborare”, “operare”, ecc.) “con fatica” (o “con sforzo”, “con lentezza”, ecc.). Il latino elucubrare è un composto di ex (il cui valore è rafforzativo) e di lucubrare. Quest’ultimo volle dire “lavorare di notte” o “a lume di lucerna” (lat. lucubrum), “lavorare vegliando” o “viaggiare di notte” (lucubrare viam). I “viaggi” notturni, d’altronde, sono notoriamente illuminanti.

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Vi ripropongo l’elenco delle 30 parole “da salvare”, che abbiamo immaginato qualcuno avesse deciso di cancellare prima del tempo, e vi invito a salvarne una. Fate la vostra scelta nei commenti qui sotto (potete esprimervi una sola volta; se farete una seconda scelta, o una terza, una quarta, ecc., verrà considerata soltanto la prima) e accompagnatela con un commento sul motivo per il quale salvereste proprio quella parola. Nel corso della quarta edizione di Parole in cammino (il Festival della Lingua italiana e delle Lingue d’Italia: Siena, 1-5 aprile 2020), in cui lanceremo la Notte della Lingua Italiana (il 3 aprile), premieremo le motivazioni più belle. Io spiegherò intanto via via le 30 parole, una a settimana.

  1. abulico
  2. afflizione
  3. arguto
  4. becero
  5. bizzarro
  6. blaterare
  7. caustico
  8. coacervo
  9. corroborare
  10. deleterio
  11. elucubrare
  12. fedifrago
  13. fosco
  14. giubilo
  15. illazione
  16. intrepido
  17. laconico
  18. magnanimo
  19. mendace
  20. nugolo
  21. ondivago
  22. preambolo
  23. riottoso
  24. sagace
  25. sbigottire
  26. sbilenco
  27. solerte
  28. sporadico
  29. uggioso
  30. veemente
Massimo Arcangeli

Linguista, critico letterario, sociologo della comunicazione. Si è sempre nutrito di parole, che ama cercare in giro per il mondo.