Il blues di Babbo Natale 2012

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L’anno scorso si è qui istituita con regio aciribicecico decreto (da qui in poi RAD) la tradizione di postare una canzone pìula, atta a sublimare in musica la disperazione infinita che permea le festività di fine anno.

Nel caso in cui durante suddette festività non proviate alcuno sconforto, il RAD prevede che allo scoccare della mezzanotte vi siano inviati in casa due sicari, muniti di un paio di pinze e di una buona saldatrice, allo scopo di riportarvi al necessario funereo contegno e obbligarvi alla confacente mestizia, unico sentimento ammesso da qui al sacro giorno dell’epifania.

Scopo del RAD è promuovere, incoraggiare e sollecitare l’inabissarsi dei cittadini in stati d’animo di profonda depressione, prostrante tristezza, costernata astenia, irredimibile nichilismo, inguaribile anedonia. Nell’ambito di tale legge-quadro, e nel più pieno ossequio del suo principio fondativo, si allega anche quest’anno un inno alla ottundente malinconia natalizia. Anch’esso risponde alle inderogabili caratteristiche richieste a siffatte composizioni: atmosfera di indeterminata sofferenza, almeno un rimando agli ultimi mesi dell’anno, utilizzo della parola “Natale” o “Dicembre” unicamente per evocare disagio, inquietudine, costernazione. Come RAD prevede, segue mal eseguita traduzione italiana.

Fili*
Hai dei fili che ti entrano sotto e dei fili che ti escono da sotto la pelle. Hai lacrime che ti scavano solchi.
Pure io ho le lacrime agli occhi.
Spaventate dai fatti, si fanno a perdifiato i corridoi e attraversano di corsa le porte automatiche. Devono arrivare da te e vedere la fine di tutto questo. Vedere la speranza attraverso una scatola di plastica. Le luci di Natale riflesse nei tuoi occhi.
Hai dei fili che ti entrano sotto e dei fili che ti escono da sotto la pelle. C’è sangue rappreso sui tuoi polsi. Mi si sta seccando in punta alle dita.
Li faccio a perdifiato, i corridoi. E le porte automatiche le attraverso di corsa. Devo arrivare da te e vedere la fine di tutto questo.
È la prima notte della tua vita. E la passi raggomitolata su te stessa. Io ti sto guardando da qui dietro. Ma tu non lo puoi sapere.
Te lo leggo negli occhi occhi: presto starai bene.

*Anche l’anno scorso, in A Long December dei Counting Crows si parlava di un ospedale. Lì non ho mai saputo perché. Qui sì. Al cantante degli Athlete, quando scrisse questa canzone, era appena nata una figlia settimina.

Mario Fillioley

Ho tradotto libri dall'inglese in italiano. Poi ho insegnato italiano agli americani. Poi non c'ho capito più niente e mi sono messo a scrivere su un blog con un nome strano: aciribiceci.com