I più insider di tutti

Cosa è necessario fare per riconciliare la società italiana con la propria espressione politica? Gli ultimi scandali alla regione Lazio lasciano la sensazione di una missione impossibile. Paradossalmente, tuttavia, non credo sia la disonestà a motivare la crisi di rappresentanza in cui si trova il paese ( oltre il 70% degli elettori dichiara di volersi astenere o votare un partito di protesta). Certo, la tentazione di stabilire un nesso di causa e effetto tra malaffare e antipolitica rimane forte. Eppure, sia le tendenze qualunquistiche che gli scandali non sono mancati nella prima Repubblica, ma una sostanziale fiducia nel sistema politico non veniva meno. Allo stesso tempo è evidente che i politici onesti e laboriosi rimangono la stragrande maggioranza. Eppure, la crisi di rappresentanza c’è.

Io credo siano due le ragioni principali che hanno eroso la fiducia dell’Italia nei propri rappresentanti, ragioni di carattere economico legate al modello di capitalismo che si è configurato a partire dagli anni ’90. In una società in declino economico ventennale, sempre più divisa tra insider e outsider, i politici appaiono come i più insider di tutti. Gli insider hanno opportunità negate agli outsider, accedono a un reddito dignitoso e stabile mentre gli outsider vivono nella precarietà anche se sono professionisti iperqualificati; gli insider hanno la possibilità di costruirsi un futuro, gli outsider no.

Le somme vertiginose che i gruppi consiliari gestivano nella totale discrezionalità erano comunque milioni di euro che garantivano alle aziende che venivano assunte di resistere alle intemperie della crisi. La distanza diventa dunque immediatamente percepibile – al netto di qualunque illegalità – tra un ristoratore o un editore legato ad un politico locale e il suo collega privo di tale legame. Il caso dei fondi ai gruppi consiliari è allora un esempio in sedicesimi, ma di immediata comprensione soggettiva, di quanto avviene su scala maggiore e relativo alla influenza impropria che i partiti continuano ad esercitare sull’economia italiana. Dai consigli d’amministrazione delle aziende di servizi locali, ai vertici delle Asl, passando per le grandi aziende nazionali, appare evidente che i partiti hanno perso il ruolo che esercitavano nell’economia chiusa, organizzata in poche categorie professionali e produttive, ma hanno mantenuto un largo potere discrezionale particolarmente visibile e presente a livello locale.

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Marco Simoni

Appassionato di economia politica, in teoria e pratica; romano di nascita e cuore, familiare col mondo anglosassone. Su Twitter è @marcosimoni_