Il Portogallo è un’isola

C’è un treno, tra i simboli della liberazione del Portogallo dal fascismo. Tre giorni dopo lo scoppio della rivoluzione il 25 aprile 1974, il leader socialista Mário Soares tornò a Lisbona con un treno partito da Parigi, dove si trovava in esilio. Arrivato alla stazione di Santa Apolónia dopo un’interminabile serie di fermate e festeggiamenti, Soares si avviò a diventare il padre del Portogallo democratico.

La comunità portoghese rimane la più grossa comunità di origine straniera in Francia dopo quelle algerina e marocchina, ma il “treno della libertà” che ha legato per decenni la Francia con il Portogallo non esiste più. Con lo scoppio della pandemia, la primavera scorsa sono stati soppressi tutti i treni diretti tra Lisbona e il confine francese (oltre a quelli tra Lisbona e Madrid). Erano linee lente e in perdita da anni, non saranno ripristinate a breve.

Tra gli stati membri dell’Unione europea, il Portogallo è ora l’unico privo di collegamenti ferroviari significativi con l’estero: le sole eccezioni sono due treni regionali che corrono appena una volta al giorno, il Porto-Vigo e l’Entroncamento-Badajoz. Naturalmente, esistono mezzi e vie di trasporto alternative alla ferrovia. Nell’ultimo decennio Lisbona è esplosa come meta per turisti e nomadi digitali – che l’hanno quasi sempre raggiunta direttamente in aereo, come si fa con le isole lontane.

 

L’esistenza o meno di un collegamento ferroviario diretto tra due territori o paesi è un indice abbastanza rivelatore dell’intensità dei loro rapporti. Come accade per i collegamenti stradali, significa che a un certo punto qualcuno ha scelto di investire nella costruzione di binari, viadotti e gallerie proprio lì; e come accade per i collegamenti aerei, significa che attualmente esiste un traffico di persone sufficiente a mantenere la linea in servizio.

Sono secoli che il Portogallo si pensa come un paese rivolto verso l’oceano invece che al continente. Negli anni Cinquanta il regime di Salazar provò a usare in modo originale lo storico orientamento del paese verso l’Atlantico: per difendere la sua politica coloniale in Africa, sempre più criticata, la dittatura cercò di presentare il Portogallo come un paese multirazziale, del tutto diverso dagli altri stati europei dell’epoca. Non era un impero con delle colonie, si diceva, bensì un unico paese “pluricontinentale”.

In uno dei suoi romanzi, La zattera di pietra, lo scrittore portoghese José Saramago immaginò che il Portogallo e il resto della penisola iberica si staccassero anche fisicamente dal resto d’Europa e iniziassero a girare per i mari del mondo. Per certi versi il Portogallo oggi rimane un’isola separata dal resto d’Europa; pure la contiguità con la Spagna sembra solo un accidente geografico. Stando ai dati dell’Eurobarometro, il 61% dei portoghesi non è mai stato all’estero in vita sua (tra i paesi dell’Unione europea, solo i bulgari sono rimasti più isolati).

A giudicare dalle opere dei suoi autori di maggior successo all’estero, anche a noi piace immaginare il Portogallo come un posto speciale, dove il singolare si fa plurale, l’ordinario si fa straordinario e viceversa. Dal punto di vista politico, in Portogallo nell’ultimo decennio non c’è stato alcun dilagare dei partiti populisti e della destra, a differenza di quasi ovunque in Europa. Pure la polarizzazione politica è rimasta contenuta: governati dalla sinistra dal 2015, i portoghesi hanno eletto e ri-eletto ad amplissima maggioranza un presidente della repubblica moderato. Non c’è da fidarsi della geografia: il Portogallo è veramente un’isola esotica.

Lorenzo Ferrari

Lorenzo Ferrari è uno storico, di mestiere fa libri. Gli piacciono l'Europa, le mappe e le montagne; di solito vive a Trento. Su Twitter è @lorferr.