Il Pensiero Fosforescente

Inizio questo post prendendola un po’ alla lontana. Diciamo da una distanza di almeno 6.500 anni luce da qui, in un luogo dove, non solo questo post, ma tutto ha inizio.

Questo luogo è conosciuto con il nome di “Pilastri della Creazione”, una nuvola interstellare composta d’idrogeno, elio, plasma e polvere, che si trova nella Nebulosa Aquila. Un posto così lontano da noi da far sembrare la Via Lattea un posto raggiungibile con il tram.

Questi Pilastri della Creazione sono chiamati così per via della loro forma a colonna e perché è lì che quei gas e altri materiali stellari si ammassano e si accumulano e si mischiano creando, con una lenta ma incessante attività, le proto-stelle, le stelle, i pianeti e altri oggetti astronomici. Insomma, sembrerebbe, il posto dove l’Universo si pensa e prende forma.

Nel 2007, alcuni scienziati, con l’aiuto di potenti telescopi, hanno scoperto che i Pilastri della Creazione sono stati distrutti da un’esplosione di una vicina Supernova più di 6.000 anni fa. Ma la luce che mostrerà la nuova forma assunta da questa Nebulosa raggiungerà la Terra solamente tra mille anni. Un comportamento molto fosforescente.

Questi lassi enormi di tempo di cui abbiamo appena parlato, questi ritardi colossali, queste incongruenze illogiche tra cause ed effetti, questo lavorio lento, incessante, gassoso e intangibile, sono più che mai assurdi se pensati con i tempi sbrigativi, sovrapposti, multitasking e frammentati con cui abbiamo a che fare oggi.

Abituati come siamo a intendere il progresso come a una cosa rapida, siamo finiti, per una strana proprietà transitiva, a credere che andare di fretta significhi progredire. Tutto ciò che non sta al passo con i nostri tempi accelerati e competitivi in cui viviamo, si è incrostato di un’accezione negativa. Sbagliare è un errore. Dubitare: una perdita di tempo o, nel migliore dei casi, un segno di debolezza. Sperimentare: un lusso. Aspettare: una cosa da codardi. Studiare, invece, sembra sia diventato un modo per farsi tagliare fuori dal mercato del lavoro. Pensarci due volte prima di fare una cosa è un esercizio vanitoso. La compassione: un sentimento lento che non si può twittare.

Pensiamo veloci pensieri di scarsa qualità. Arriviamo all’idea il prima possibile. E non ci importa più se il viaggio per arrivare lì sia stato interessante o piacevole. L’importante è arrivarci prima che gli altri ci arrivino.

Invece pensare bene richiede tempo. E di tempo le nostre giornate, ridotte ad una sequenza illogica di migliaia di secondi, sembrano sempre di esserne a corto.

Trascorriamo i nostri giorni sotto una luce incandescente, esposti a un perenne abbaglio di flash paralizzanti che rivelano tutto; futuro, sogni e misteri compresi. Tutto è oggi, visibile, tangibile, vicino, provabile, o perlomeno così ci sembra. Ci circondiamo d’immagini messe insieme senza una narrazione coerente, e per osmosi abbiamo cominciato a pensare allo stesso modo: senza né capo né coda. Incapaci di aggregare gli atomi dei nostri ragionamenti e strutturarli in molecole di pensieri nuovi, visionari, inimmaginabili prima…

Dunque il nostro progresso frettoloso, sembra non essere davvero un gran progresso. E’ qualcosa di simile a una corsa sul posto all’angolo della strada, aspettando che scatti il verde.

Ci stiamo accontentando di avere l’impressione di progredire. Il vero progresso rimane fermo allo stadio d’intenzione di progresso.

La soluzione per creare progresso e innovazione, non è rallentare i ragionamenti, ma darsi la possibilità della lentezza. O di affrettarsi lentamente, come dicevano i latini.

Non è raccontare una cosa nuova in modo nuovo, come insegna il marketing, ma pensare in un modo nuovo alle cose e a come raccontarle.

Un modo di pensare che io credo debba essere meno incandescente e più fosforescente.

Ma cosa significa pensare in modo fosforescente?

La maniera in cui si formano le stelle nei Pilastri della Creazione fa al caso nostro, come esempio di pensiero fosforescente.

I gas rimuginano su se stessi per milioni di anni prima di illuminarsi in una stella. Analogamente – come si legge nel libro “Psicologia dell’invenzione nel campo della matematica” di Jaques Hadamard – un pensiero prima di essere pensato deve attraversare una fase subconscia d’incubazione; un periodo dove s’immagazzinano informazioni, intuizioni, congetture, e formule. Questa fase dura a lungo e non ha il dono della chiarezza. Tutti questi pezzi d’ipotesi sono ancora allo stato gassoso e una soluzione solida sembra molto al di là da venire.
Molte persone, la larga maggioranza, si scoraggiano sentono di perdere tempo, abbandonano, o si lasciano andare alle prime soluzioni fioche.
Altre invece, per esempio gli inventori e gli innovatori sono tra questi, continuano, provano e riprovano tutte le combinazioni possibili, fino allo spossamento. E quando, esausti da questa incessante attività di possibilità, una volta che si è persa ormai ogni speranza di soluzione, ci si prende un periodo di riposo o di distrazione, e solo allora arriva l’illuminazione (pensateci: quante idee ci vengono sotto la doccia o appena svegli…). Ci sembra che arrivi dal nulla, improvvisa e spontanea. Ma non è così.

La rivelazione è solo l’ultima fase dello sviluppo di un’idea, l’epifania di milioni di congetture che magicamente, ma neanche tanto, trovano una forma originale nella nostra testa.

Pensare in modo fosforescente significa proprio questo: non pensare che l’atto di pensare sia facile e veloce. Non accontentarsi di risultati immediati. Non pensare con uno scopo in testa.

Così come un oggetto fosforescente prima assorbe energia e solo molto più tardi la rilascia sotto forma di luce, così un pensiero fosforescente deve prima immagazzinare atomi d’idee e solo molto dopo s’illumina in un ragionamento compiuto.

Pensare fosforescente non ha l’automaticità, e quindi quella noiosa ripetitività tipica dei pensieri incandescenti che si accendono e spengono a comando. Non ne ha la squallida convenienza e nemmeno l’efficacia, assicurata sì, ma anche minima.

E di quei pensieri non ha nemmeno la patina di arroganza che gli deriva dall’essere sempre un pensiero concreto, o il vittimismo di essere un pensiero magari non straordinario, ma necessario.

I pensieri fosforescenti, invece sono sempre straordinari, quasi sempre utili e praticamente mai utilitaristici.

Pensare fosforescente significa pensare per il puro piacere di farlo, senza un rendiconto assicurato.

Pensare fosforescente significa pensare come pensa la natura, che al contrario nostro ha tempi lunghi; dove per esempio gli animali non hanno pensieri razionali, ma vivono ancora sull’istinto, sviluppato e tramandato da un esemplare all’altro di una specie per migliaia di anni.

Anche fare l’amore è un atto fosforescente, si rivela solo dopo nove mesi. Un punto di domanda è un simbolo fosforescente. Essere bambini è uno stato fosforescente continuo. I sogni sono fatti con materiali fosforescenti.

Rainer Maria Rilke ha scritto (non ho trovato la traduzione in Italiano, così uso quella in Inglese): “It is our task to impress this provisional and transient earth upon ourselves, so deeply that its essence rises up again invisibly within us. We are the bees of the invisible. We ceaselessly gather the honey of the visible to store it in the great golden hive of the invisible”

Scordatevi il pensiero incandescente. Spegnere e accendere, clic clic, un altro clic clic. Davvero, non c’è niente di creativo in quel modo di pensare. Niente di emozionante. Volete mettere l’emozione che da’ vedere un oggetto fosforescente illuminarsi al buio da quella che ti da’ fissare una lampadina…?

Recuperate invece la sensibilità per il presentimento, e cioè, nel senso letterale del termine, sentite prima. Guardate nel buio, e vedrete molte più cose di quante si possano vedere alla luce del sole. Fatevi un regalo senza rovinarvi la sorpresa.

Fate della vostra testa una nebulosa (o un alveare dell’invisibile se preferite). Immagazzinate le cose imparate e anche quelle non capite; alcuni brandelli d’intuizioni e le idee confuse; le associazioni di colori, le discussioni feroci, i ragionamenti interrotti, alcuni milioni di domande e, perché’ no, anche dei puntini di sospensione, le annotazioni illeggibili, gli inizi di qualcosa, i vuoti di memoria, un po’ di stranezze e tutto quello che non torna e a vista d’occhio vi sembra inutile.

Assorbite tutto, e non organizzatelo in maniera logica. Anzi, mischiate, elaborate, provate, aspettate, percepite, intuite, presentite, dubitate, ricominciate, rimischiate, riprovate. E non chiedetevi mai il perché’, che sarebbe come accendere la luce in una camera oscura mentre state sviluppando i negativi delle foto. Brucereste tutto.

E un giorno, in un momento indefinito, dopo una doccia, dopo una bella dormita, o dopo una sessione di bongo, o dopo un’oretta di relax sdraiati sull’erba con un filo di grano in bocca intenti a canticchiare un motivetto inutile, senza preavviso, avrete un’illuminazione.

E vi verrà in mente un “pensiero felice” (così Hermann Von Helmoltz definisce il momento dell’illuminazione…), che non avreste mai lontanamente immaginato di poter pensare.

PS: Auguro a tutti tanti pensieri felici. E in particolare a tutti i politici, economisti, industriali, innovatori, educatori che con le loro idee stanno cercando e continueranno a cercare di levare l’Italia da quel cono d’ombra in cui si è ficcata.

I Pilastri della Creazione

Lorenzo De Rita

Vive ad Amsterdam, dove dirige The Soon Institute - un collettivo di inventori che sperimentano e sviluppano prototipi per la società che verrà. Ha aperto recentemente una casa editrice che pubblica libri difficili ed è il co-fondatore di jointhepipe.org