Di che ti vanterai, San Lalemant

17 marzo – San Gabriel Lalemant, missionario gesuita, martire in Canada (1610-1649).

“Piccolo Prete, Piccolo Prete”.
“Vecchio Falco, che c’è?”
“Oggi noi moriamo”.
“Oggi?”

Jean De Brébeuf e Gabriel Lalemant attendono di essere “battezzati” dagli irochesi con l’acqua bollente (incisione del XVII secolo, dominio pubblico).

Di che ti vanterai col tuo Signore? Anche se fossi il più forte tra gli uomini, è Lui che così ti ha creato. Del resto si fa per dire, Gabriel Lalemant: tu non sei certo il più forte degli uomini. Sei miope e hai la scoliosi. I polmoni, potessi sputarli a primavera, li vedresti spugnare sangue. Dio ti ha scelto missionario in Canada e ti ha regalato un’allergia a un parassita della corteccia degli aceri, a maggiore Sua gloria. Un premolare ti pulsa impazzito, il dentista più vicino è a una settimana di marcia dal villaggio. Hai sempre freddo, hai sempre fame, in un altro secolo saresti depresso; nel diciassettesimo stai per morire.

Gli irochesi, dice Vecchio Falco. Stanno arrivando, sono in tanti. Hanno i colori di guerra ma se volessero combattere avrebbero aspettato che tornassero dalla caccia i maschi atti alle armi. Sono venuti a distruggere il villaggio, Piccolo Prete. Ammazzeranno noi vecchi, stupreranno le donne, adotteranno qualche bambino. È così che fanno gli irochesi.

“Sei ben informato sui loro costumi”.
“E va bene, Piccolo Prete, anche noi uroni facevamo così, ma Grande Prete mi ha dato il Perdono”.
“Sì sì il Perdono”.

Di che ti vanterai al cospetto di Dio? Anche se fossi il più coraggioso tra gli uomini, è Lui che l’ha deciso. Tu ti saresti semplicemente trovato col coraggio necessario al momento giusto. Del resto si fa per dire, Gabriel Lalemant; tu non sei il più coraggioso tra gli uomini. C’è un punto preciso del basso ventre che te lo sta confermando, la pelle ti si fa d’oca come al collegio nell’ora di latino. Dovresti andare in bagno. Il bagno non esiste.

“Ma c’è una qualche maniera di… non so, è previsto che possiamo arrenderci?”
Arrenderci, Piccolo Prete?”
“Sì, nel senso di… di non combattere”.
“Non credo che possiamo combattere”.
“E quindi ci arrendiamo e loro…”
“Ammazzano noi vecchi, violentano le donne e rapiscono i bambini”.
“Ma anche se ci arrendiamo?”
Arrendiamo, Piccolo Prete?”
“Non conosci la parola, vero?”
“Mi perdoni, Piccolo Prete”.
“Ti perdono, ti perdono, possiamo scappare almeno?”
“Le donne e i bambini possono scappare”.
“Le donne e i bambini”.
“Ma i guerrieri irochesi sono più veloci”.
“Sono più veloci”.
“Allora Piccolo Prete dobbiamo fare la… non so come si dice in francese, Piccolo Prete”.
“Dobbiamo chiuderci nelle capanne e sparare e lanciare frecce e tenerli occupati”.
“Anche fare urla di donna nel frattempo, io credo che Piccolo Prete le sa fare”.
“Urla di donna?”
“Io ho sentito Piccolo Prete cantare la messa e credo che gli irochesi crederanno di sentire una donna. Anche molte donne”.
“Cioè fammi capire”.
“Grande Prete ha già radunato le donne, che portino via i bambini nella foresta. Gli altri vecchi saremo una dozzina. Abbiamo frecce e il fucile di Grande Prete, io forse lo so usare”.
“No no no, lascia perdere quell’affare, prima che ti esploda in m-”
“Se fa chiasso è comunque utile, e comunque oggi io muoio. Intanto Piccolo Prete canterà per noi”.
“Cantare? Cosa dovrei cantare?”
“Quella che più sembra un verso di donna… alla fine della messa, lei sempre canta quella cosa che fa tedeeeeeoooo….
“Il Te Deum”.
“Aspetta però. Prima Piccolo Prete deve essere sicuro di una cosa. È importante”.
“Cosa c’è”
“È sicuro che non Si arrabbierà?”
“Chi?”
“Il Signore nella Grande Casa”.
“Ah, Lui”.
“Non si arrabbierà se ti sente cantare il Suo Nome? Mentre noi tiriamo frecce e cerchiamo di uccidere gli irochesi, che Grande Prete ci disse essere peccato”.
“Sì beh, ecco, io…”
“Piccolo Prete per favore non m’importa di morire oggi, sono vecchio e sono urone. Ma nel Fuoco Eterno non ci voglio andare, quindi la mia domanda è più seria della vita, capisce?”
“Capisco Vecchio Falco, capisco”.
“Se tu canti forte e Lui ti sente, Si arrabbierà?”
“Io… io non lo so”.
“Come non lo sa?”
“È complicato”.
“Ma tu sei Prete! Tu devi sapere”.

Martirio di Jean De Brébeuf e Gabriel Lalemant, incisione di Francesco Giuseppe Bressani (1657), pubblico dominio.

Di che ti vanterai col tuo Signore? Anche se fossi il più saggio degli uomini, da chi viene tutta la saggezza? Chi l’ha dispensata agli uomini, dandone tanta ad alcuni, poca o punta a molti, e calcola quanta ne deve aver passata al malaticcio Gabriele Lalement, il giorno in cui gli ha instillato la voglia pazza di fare il missionario in America, che non sembra un’idea saggia da qualsiasi parte la si guardi, e specialmente all’alba di quel 17 marzo 1649 in cui si muore, e davvero bisogna morire cantando il Te Deum in falsetto, chi può dire se a Nostro Signore la cosa piacerà? Magari era persino il giorno in cui Gabriele ci credeva poco – la gente pensa che la Fede scorra sempre copiosa come un grande fiume in chi ne è degno: e invece no, troppo spesso è uno di quei torrenti capricciosi che in inverno sono rivoli quasi secchi e d’estate vanno in piena, o viceversa; e metti che Gabriele fosse in secca proprio in quel giorno in cui gli toccava di morire, Vecchio Falco, che ti dico?

Non solo Dio è imperscrutabile, ma voi indiani chi vi capisce, e io sto qui in culo al mondo a fare l’interprete tra due entità che non ho mai capito, che vita assurda, che mal di denti, chissà quanti me ne caveranno al palo della tortura prima di trovarmi quello che mi pulsa –

– Entra in scena un ragazzo, spalanca l’uscio senza bussare. Zoppica e mugola una cosa che nel dialetto del villaggio vuol dire porcaputtana Vecchiofalco le merde sono qui. È quel tipo di maleducazione che ti sorregge nei colpi di sfortuna. Non fosse caduto su un ginocchio la scorsa settimana starebbe già cacciando col padre o al limite scappando nella foresta con la madre, ma zoppica e quindi anche lui deve morire oggi. Vecchio Falco gli bisbiglia qualcosa del tipo: ma vergognati, non vedi che sono qui col Prete? Il ragazzo fa finta di accorgersi che c’è il prete. China la testa e congiunge le mani in un tentativo di saluto ossequioso, ma è così nervoso che gli salta fuori un applauso, clap!

“Chiedo perdono, Piccolo Prete, io…”
Questi chiedono perdono continuamente, Grande Prete (Jean de Brébeuf) ha messo loro addosso una paura dell’inferno che in certi casi magari è utile; non in questo.
“Ti perdono, Scoiattolo che c’è?”
“Le mer… Gli irochesi sono qui”.
“Lo so”.
Zang!
(O qualsiasi sia il rumore di una freccia che si conficca nella fessura tra due pali di una capanna).

“Giù la testa” dice in dialetto Vecchio Falco, ma lo dice e non lo fa, e la capanna non ha vetri, quindi un attimo dopo averlo detto sta fissando la punta di una freccia che gli esce dalla spalla, dunque oggi si muore così? Beh, meglio che restare al palo per un giorno di torture. Sul serio, se è una vita che ci pensi, quando arriva magari ti sollevi. Resta quella questione del Fuoco Eterno da chiarire ed è sempre più impellente, Vecchio Falco già ne annusa la fuliggine. Gabriele sta strisciando verso la cassapanca, lì dentro c’è l’archibugio di Père Jean, un affare arrugginito che con ogni probabilità gli esploderà in mano, d’altro canto gli irochesi ti cavano gli occhi e te li rimettono di brace; scottano una punta di freccia e ti ci sodomizzano, e Scoiattolo? Scoiattolo è in un angolo che piange e chiama la mamma perché questo fanno gli esseri umani, in tutte le civiltà, in tutte le latitudini, quando hanno dodici anni e fuori ci sono i cattivi. Oh mamma mamma mamma mamma mamma ma…

Più forte! Grida Vecchio Falco.

“Oh mamma mamma mamma mamma mamma mamma!”

L’archibugio ora è carico, ma bisogna dar fuoco alle polveri. Sul comodino nell’angolo, c’è ancora la candela accesa…

“Oh mamma mamma mamma mamma mamma mamma!”

“Non basta! Devi piangere come dieci! Fuori devono credere che dieci bambini sono qui!”

“Ma io ho una bocca sola! Non posso…”

“E invece Scoiattolo tu devi. Per tuo fratello, per tua madre, ora tu piangi –

BANG!

Gabriele ha dato fuoco a una carica e si è ustionato una mano e ora sta strillando in falsetto, a maggior gloria di Dio. Bravo Prete, bravo, strilla forte, strilla, anche di più, Vecchio Falco approva con tutto il fiato che gli resta. Qualcuno magari un giorno tirerà fuori un romanzo da tutto questo, o una scena da film, un vecchio un bambino e un prete che eroici resistono nella sagrestia che è l’avamposto del villaggio. Ma questo non è ancora un romanzo, questa è una baracca con un ragazzino in un angolo che piange, un prete in un altro angolo che si tiene una mano e strilla, e un vecchio urone al centro del pavimento che sanguina e approva con la testa, più strilli, più strilli per favore. Ci prova anche lui, auauauauauauauauauauau, ma gli manca il fiato di nuovo. Gli irochesi si sono fermati per un istante, forse un fucile non se l’aspettavano. E non va bene, bisogna fare baccano, bisogna far credere chissà cosa. Dalle altre case si sente il sibilar di frecce, qualche altro vecchio risponde, qualche altro ragazzino terrorizzato grida dalle finestre, quanto tempo riusciremo a fargli perdere mentre le donne scappano coi piccoli? Non si sa, non importa, ogni respiro è un dono di Dio.

Te Deum laudamus: te Dominum confitemur…

“No, Piccolo Prete, no”.

“E perché no”.

“Se non ne è sicuro, Piccolo Prete non deve cantare”.

“E perché non dovrei esserne sicuro? Sono un prete”.

“Giura, Piccolo P…”

“Te lo giuro”.

“Sulla tua anima, giura che il Signore non si arrabbierà”.

“Vecchio Falco, sulla mia anima ti giuro. Il Signore non si arrabbierà se canto il suo nome mentre i tuoi fratelli difendono le donne e i bambini. Nel nome del Signore”.

“Allora mentre Piccolo Prete canta…”

“Sì”.

“…io posso andare”.

Te aeternum patrem, omnis terra veneratur…

“…Mi perdona?”

Tibi omnes angeli… di che ti devo perdonare adesso?”

“Non lo so Piccolo Prete, non lo so”.

“Vecchio Falco, ti dico: tu mi precedi in paradiso”.

“Grazie”.

Tibi caeli et universae potestates:
tibi cherubim et seraphim,
incessabili voce proclam…

Di che ti vanterai col tuo Signore? Anche se tu fossi il più forte, il più coraggioso, il più saggio degli uomini – ma non lo eri. Invece eri Gabriele Lalement: eri malato, e hai difeso un villaggio. Avevi paura e hai combattuto col fucile in braccio, cantando lodi a Dio, e magari era uno di quei giorni in cui nemmeno ci credevi. E sei morto dopo ore di torture, e quando hanno finito ti hanno strappato il cuore e lo hanno mangiato come si mangia il cuore dei condottieri coraggiosi: e al posto dei tuoi occhi miopi avevi due tizzoni ardenti, e di tutto questo quanti possono vantarsi davanti al Signore? Ma se c’è un Regno dei Cieli, è il regno in cui il più forte, il più coraggioso, il più saggio, si chinano al passaggio di San Gabriel Lalemant. E come Scoiattolo giungono le mani, così in fretta che parte l’applauso.

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.