Nostalgia degli errori

Together through Life (2009)

(Il disco precedente: Tell Tale Sign.
Il disco successivo: Christmas in the Heart).

Foto di Bruce Davidson. In generale io tendo a odiare i grafici almeno quanto loro odiano il buon senso, ma quelli che lavorano con Bob Dylan ogni tanto li compatisco – cioè dai, non ci credo che quella idea di ripetere la testata sia venuta al grafico.

Immagino che se invecchi abbastanza riesci ad arrivare a un momento in cui rimpiangi qualsiasi cosa. Io perlomeno credo che potrei arrivarci, per dire ultimamente a volte penso a un autogrill. Non provo nostalgia di una ragazza che andavo a trovare – cioè la provavo, ma ormai è una nostalgia che ha perso il suo sapore, come un bubblegum molto rimasticato – non provo più nostalgia per la città in cui abitava. Anche quel tratto di autostrada ormai per me è un tratto qualsiasi. Ma a volte mi fermavo in autogrill e quello ancora un po’ mi manca. L’hanno buttato giù per farne uno più grande che invece non mi ricorda nessuno. Stavamo dicendo?

“Che se invecchi abbastanza riesci ad arrivare in quel momento in cui rimpiangi qualsiasi cosa”.

Ah già. Bob Dylan per esempio, a un certo punto ha smesso di avere nostalgia per The Freewheelin’. Ma anche per Blonde on Blonde Blood on the Tracks. Dylan a un certo punto deve aver cominciato ad aver nostalgia per quando registrava certi suoi dischi inutili, bruttini, senza capo né coda. È la famosa legge dei vent’anni: negli anni Quaranta era tornato di moda lo swing degli anni Venti (ma Mussolini aveva piuttosto nostalgia di quando i fascisti marciavano sulle capitali). Negli anni Sessanta si credevano tutti partigiani. Negli anni Settanta improvvisamente si ricordano di quanto era smagliante e cromato il rock’n’roll. Negli anni Ottanta avevano tutti nostalgia di quando negli anni Sessanta si credevano tutti partigiani. Nel 2008, Dylan è maturo per provare nostalgia per i dischi più deprimenti che ha fatto; roba come Knocked Out Loaded, o Down in the Groove, roba che mette tristezza solo a pensarci – ma se la lasci decantare per vent’anni, quella tristezza a un certo punto deve assumere un sapore interessante. Ve lo ricordavate di com’era difficile essere dylaniti negli anni Ottanta, quando il nostro registrava quaranta tracce con quaranta musicisti diversi in cinque studi in sei mesi e un attimo prima di buttar via tutto pubblicava i cocci? E noi glieli compravamo, e glieli ascoltavamo, e glieli stroncavamo… Che nostalgia.

E ti ricordi che giacche fantastiche?

Ehi Bob, ma lo sapresti fare ancora un disco triste e buttato lì come Down in the Groove? Nah, io dico di no. Ormai sei diventato una macchina, non te ne accorgi? Hai una band che non sgarra una battuta, hai musicisti che sanno quel che vuoi suonare un attimo prima che tu voglia suonarlo. Ogni tre-quattro anni fai uscire il tuo cd da un’ora, metà blues e metà altro, e non c’è un solo critico che osi criticarti davvero, ormai sei un’istituzione. E dire che una volta erano la specialità della casa, i dischi venuti male. Erano anche un po’ la garanzia della genuinità del prodotto: se volevi la ciambella di Dylan, sapevi di non poterti aspettare il buco. Ma quei tempi sono finiti ormai, ormai le ciambelle di Dylan sono fatte con lo stampino, non riusciresti a sbagliare un buco nemmeno se ti ci impegnassi, scommettiamo?

MOTIVI PER CUI TOGETHER THROUGH LIFE, USCITO NEL 2008, FU IL SUO DISCO PIÙ BRUTTO IN 20 ANNI.

1. Ve ne viene in mente un altro? Come passa il tempo, sono già 20 anni che è uscito Oh Mercy. In seguito abbiamo avuto Under the Red Sky (che secondo me è piuttosto bruttino, ma vedo in giro che piace), i due acustici, Time Out of Mind“Love and Theft” Modern Times. Appena sette dischi in vent’anni! In compenso la qualità ha smesso di oscillare sull’ottovolante come le succedeva negli orribili anni Ottanta e nei complicati Settanta. Together non è un disco brutto come Self Portrait Knocked Out, ma rispetto ai tre dischi precedenti ha qualcosa di dissonante, di irrisolto, di affrettato – qualcosa che in fondo ci mancava. Ben tornato, cattivo Bob, cos’hai combinato stavolta? Hai licenziato i tuoi fedeli musicisti? Non risulta, eppure si capisce da subito che c’è qualcosa che non va. Appena parte Beyond There Lies Nothing, con quella tromba un po’ stonata (chi la sta suonando?) e poi… la fisarmonica?

2. La fisarmonica. Ogni tanto succede che uno strumento insolito dia un colore particolare a un disco di Dylan – l’organo di Kooper in Blonde on Blonde, il violino di Scarlet Rivera in Desire, il sax di Street-Legal, e quella fantastica batteria elettrica in Empire Burlesque, ve la ricordate? che nostalgia. Ecco. Together Through Life è il disco di Dylan con la fisarmonica in tutti i brani. La suona David Hidalgo, chitarrista-pluristrumentista dei Los Lobos. Non la suona male. Ma la suona in tutti pezzi, ed è una maledetta fisarmonica. Se voglio sentire le fisarmoniche ascolto Raul Casadei. Ok, forse è un problema mio. Probabilmente uno choc infantile. Odio le fisarmoniche.

3. Il mandolinoNon così onnipresente – si sdilinquisce all’inizio di Life is Hard, ma di solito è molto più discreto, però allora dillo che lo fai apposta. Fisarmonica e mandolino, come ai tempi di Joey: non dirmi che rimpiangi anche quelli. This Dream of You, 35 anni dopo Joey, è il secondo tentativo di scrivere una ballata all’italiana, con quell’idea tutta particolare di italianità che possono farsi a Manhattan quando vanno a mangiare le fettuccine Alfredo. Certo che ce ne vuole di nostalgia del disastro, per tornare sulle orme di un delitto come Joey. Di quali altri delitti senti la mancanza, Bob? Qual è la cosa peggiore che rifaresti? Non so, un altro tour coi Grateful Dead? Troppo tardi, Garcia non c’è più. In compenso puoi sempre rimetterti a collaborare con…

4. Robert Hunter“Hunter è un vecchio amico, potremmo probabilmente scrivere un centinaio di canzoni assieme se pensassimo che ne valesse la pena”… è un’affermazione che suona vagamente minacciosa. Hunter era un membro atipico dei Dead: benché scrivesse per loro, non li seguiva dal vivo. Il suo rapporto con Dylan ha qualcosa di inspiegabile. Robert Hunter è l’autore di una delle canzoni che Dylan ha cantato più dal vivo, Silvio. La leggenda ci dice che aveva trovato la pagina col testo nello studio dei Dead. Cosa ci abbia trovato proprio in quella paginetta nessuno lo sa. È un rock senza infamia e senza lode: Hunter ne ha scritti a dozzine, Dylan ne ha scritti centinaia. Nel 2008 si ritrovano insieme e decidono di scriverne un altro po’, casomai ce ne fosse venuta la mancanza (non c’era venuta). Hunter è un grande autore? Ha scritto tantissima roba, ma niente che abbia mai veramente superato il suo ambito di competenza (per dire: mi sapreste dire un grande successo dei Grateful Dead?) Io i Dead non li ho mai capiti e non saprei neanche esattamente dire cos’hanno di diverso i testi di Together – forse sono più brevi del solito, ecco, magari Dylan portava la penna e Hunter le forbici. In questo caso bravo Hunter, perché uno dei pregi di Together è che dura un quarto d’ora meno del solito (ma mezz’ora più del necessario).

5. I just want to make love to you. Metà dei brani, che ve lo dico a fare? sono blues o derivati. Blues in 8 misure, blues in 12 misure, rockabilly, rock and roll, non è che non conosca certe differenze, ma sapete una cosa? Mi rifiuto, è come quando un birraio pretende di farti degustare delle lager, ma andiamo. E il retrogusto, e i profumi, e neanche fosse cognac, sant’iddio, è birra, servila fredda e non rompere i coglioni. Che Dylan sia uno dei più grandi bluesman della storia è ormai fuori discussione; se ne poteva discutere al massimo nei primi mesi del ’64, quando con Subterranean Homesick Dylan aveva stravolto il genere come un calzino, dimostrando che il blues per lui non era antiquariato, ma qualcosa di vivo e pulsante. Ma ormai sono trent’anni che per Dylan suonare il blues è giocare in difesa. Come quando gli chiedono: perché suoni cento concerti all’anno? E lui risponde che B.B. King ne suona trecento, che discorso è? C’è che nessuno se la prende se B.B suona gli stessi blues da una vita, e nessuno dovrebbe prendersela se Dylan fa la stessa cosa. Negli ultimi vent’anni ne ha buttati fuori talmente tanti che potrebbe persino aver messo lo stesso blues in due dischi diversi, con due titoli diversi, e nessuno se ne sarebbe accorto – nessuno. I blues si somigliano tutti; alcuni si somigliano più di altri; in Together a un certo punto Dylan sembra volerci cantare I Just Want to Make Love to You (ma si chiama My Wife’s Home Town). Jolene è un vecchio rudere r’n’r che cerca di commuoverti al bancone così gli paghi da bere anche stasera. In Forgetful Heart fa capolino un riff che sembra il tema di Peter Gunn (e il rullante della batteria sembra un po’ svitato); Shake Shake Mama è la cosa più divertente del disco, ma è come quando hai voglia di birra e te ne servono una fredda, va bene? Vuoi farmela pagare il doppio perché è artigianale? Non siamo tutti un po’ vecchi per queste stronzate?

6. Il pezzo più memorabile è Life is Hard, il che è tutto dire. Dylan l’aveva scritto per un film del regista francese Oliver Dahan che sarebbe uscito soltanto nel 2010, My Own Love Song, in cui Renée Zellweger interpreta una cantante paraplegica che crede negli angeli – vero che non ne avevate mai sentito parlare? Vero che non v’è venuta voglia di vederlo? Le session di Together through Life almeno in un primo momento dovevano servire a creare più canzoni per il film, ma poi ne è saltato fuori un disco intero che forse Dylan non riteneva adatto alla storia della cantante paraplegica – o magari aveva fretta di pubblicarlo, va’ a sapere. Life is Hard è quello che capita all’anziano Dylan quando un regista gli dice: devo fare una film che si chiama “La mia canzone”, che parla di una cantante devastata dalla vita che nel momento topico deve cantare una canzone che commuova tutti: me la scrivi? E Dylan, che non era riuscito a scrivere Lay Lady Lay in tempo per Un uomo da marciapiede, incredibilmente l’ha scritta. Life is Hard è davvero una canzone struggente, che dimostra come il nostro 68enne preferito non debba per forza passare il tempo a trovare nuove parole per vecchi blues: la struttura dimostra che la sua sensibilità di compositore sta scivolando neanche troppo impercettibilmente verso l’American Songbook, gli standard dei cantanti confidenziali. Liriche brevi e memorabili, rime anche banali ma che restano incise nel tempo. Però forse è più facile accorgersene quando nel film la canta Renée Zellweger, con una chitarra e poco più. La versione di Together, col mandolino e l’armonica e quell’acustica da garage, sembra già una cover sciattona di sé stessa.

7. If You Ever Go to Houston è una presa in giro. Speriamo che almeno loro si siano divertiti mentre la suonavano – va diretta nella mia playlist del peggio di Dylan, con Spanish is the Loving Tongue Why Did You Leave Heaven e altre cose implausibili. Di This Dream of You abbiamo già parlato e non ho intenzione di riascoltarla una terza volta. Su I Feel a Change Comin’ On ho una folle teoria: magari un giorno Dylan voleva suonare Easy dei Commodores e gli è uscita questa roba qui. Ma insomma appena smettono di fare i soliti blues, appena provano a fare qualcosa di diverso, ti ritrovi a pensare No no, rifateci un blues per favore.

8. Va tutto bene, va tutto male, insomma chissenefrega. Nel reparto parole, nessuna novità. Gli amori ci rendono tristi e disperati e nel frattempo il mondo sta andando a puttane. “Lo sai cosa dicono? Che va tutto bene”. Ok. Immagino che se invecchi abbastanza riesci ad accettare che il mondo non finirà con te. Magari finirà la settimana dopo, ti immagini che rabbia? No, nessuna rabbia, non lo saprai mai It’s All Good è lo sfogo sincero di un vecchio al parco che non sa neanche da che parte cominciare ma sa che tutto non finirà un minuto troppo presto. “I politiconi raccontano bugie, le cucine dei ristoranti sono piene di mosche”. Ok, in inglese la rima funziona, ma il populista-metro è impazzito: politici bugiardi e sofisticazioni alimentari, improvvisamente ci ritroviamo in fondo ai commenti del blog di Beppe Grillo, a proposito quando è nato il Movimento 5 Stelle?

Nel 2009.

Ma tu guarda lo Zeitgeist, certe volte.

Stavo dicendo?

“Nel 2009, quando ormai aveva convinto i critici di essere al di sopra di qualsiasi critica, Bob Dylan scrisse con Robert Hunter e registrò con David Hidalgo il suo disco meno riuscito in vent’anni”.

Sì, proprio così.

“E sono passati già otto anni”.

Gosh, già.

“Ne mancano altri dodici”.

A cosa?

“Al 2029, ovviamente”.

Sì, ma non capisco cosa dovrebbe succedere nel…

“Il momento in cui proveremo nostalgia per Together through Life, il trentatreesimo disco in studio di Bob Dylan”.

No, no, non credo che succederà, io…

“È la regola dei vent’anni”.

Più che una regola è un’osservazione empirica, ci sono eccezioni, per dire negli anni Cinquanta non mi sembra che se ne fottessero più di tanto degli anni Trenta, e poi comunque magari…

“Magari non ci saremo”.

Buffo, comincio a trovare la cosa consolante.

“Vero? Fino a qualche anno fa…”

Non ci succedeva.

(Siamo stati insieme non per una vita, ma per cinquanta dischi di Dylan, ovvero: 1962: Bob Dylan, Live at the Gaslight 19621963: The Freewheelin’ Bob DylanBrandeis University 1963Live at Carnegie Hall 19631964: The Times They Are A-Changin’The Witmark Demos, Another Side of Bob DylanConcert at Philharmonic Hall1965: Bringing It All Back HomeNo Direction HomeHighway 61 Revisited1966: The Cutting Edge 1965-1966Blonde On BlondeLive 1966 “The Royal Albert Hall Concert”, The Real Royal Albert Hall 1966 Concert1967: The Basement TapesJohn Wesley Harding1969: Nashville Skyline1970: Self PortraitDylanNew MorningAnother Self Portrait1971: Greatest Hits II1973: Pat Garrett and Billy the Kid1974: Planet WavesBefore the Flood, 1975: Blood on the TracksDesireThe Rolling Thunder Revue1976Hard Rain1978: Street-LegalAt Budokan1979Slow Train Coming1980Saved1981Shot of Love1983Infidels1984Real Live1985Empire BurlesqueBiograph1986Knocked Out Loaded1987Down in the GrooveDylan and the Dead1988The Traveling Wilburys Vol. 11989Oh Mercy1990Under the Red SkyTraveling Wilburys Vol. 31991The Bootleg Series Vol 1-3 (Rare and Unreleased)1992Good As I Been to You1993World Gone Wrong, 1994MTV Unplugged1997Time Out of Mind2001“Love and Theft”2006: Modern Times2008Tell Tale Signs, 2009: Together through Life, Christmas in the Heart…)

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.