Il vero prezzo che pagano i bambini

Delle volte finisci di scrivere un post e ti accorgi subito che non hai detto tutto, che c’era qualcosa di importante da aggiungere per completare il pensiero. Questo è il caso, e permettetemi dunque un post che più che altro è un post scriptum del post precedente.

In settimana il parlamento ha approvato la legge sulla continuità affettiva, una legge importantissima che prevede che le coppie che hanno in affido un bambino debbano essere le prime in lista per l’adozione di quel bambino.

La legge prevede però che queste coppie abbiano i requisiti per l’adozione, cioè siano eterosessuali e coniugate. Sappiamo tuttavia che i bambini possono essere dati in affido anche a singoli e coppie non sposate. Ebbene, la legge stabilisce che in questo caso il diritto alla continuità affettiva non sussista.

Ho imparato sulla mia pelle che una legge imperfetta è meglio di nessuna legge, e quindi capisco bene che chi ha lavorato a questo provvedimento con amore e passione, come per esempio la mia amica Francesca Puglisi, abbia preferito proteggere almeno la maggioranza dei bambini quando dolorosamente ha realizzato che non era proprio possibile proteggere tutti i bambini.

Però fa specie pensare che un bambino che ha la ventura di essere dato in affido a una coppia sposata debba considerarsi più fortunato di uno che sia stato dato in affido a una coppia non sposata o a un o una single e che per questo, quindi, ci siano bambini che potranno godere ora in poi di una continuità affettiva e bambini che invece potranno essere strappati alle loro camerette solo perché chi in quelle camerette gli ha raccontato le storie, li ha curati, li fatti addormentare, non ha aderito a un dato schema familiare culturalmente dominante.

Ci abbiamo messo decenni a superare le distinzioni tra i bambini, a mettere nel cestino della spazzatura le differenze tra figli “naturali” e figli “legittimi”, quello stigma che colpiva i bambini nati fuori dal matrimonio, i figli della colpa (“colpa” eventualmente comunque dei genitori, non certamente loro), ed ora ecco questa maledetta distinzione che rientra dalla finestra. Se hai due genitori dello stesso sesso, di genitori puoi averne soltanto uno. Se sei stato dato in affido a una donna che vive da sola, potresti doverla improvvisamente abbandonare per sempre perché, come ti dirà chi pensa bene, “hai diritto a un padre e a una madre”, anche se quel padre e quella madre non li conosci e sono anni che una madre che ami ce l’hai già e vorresti soltanto disperatamente restare con lei.

Il sospetto che viene è che qui si voglia proteggere più lo schema familiare che i bambini, e che se la tutela del matrimonio come unico modo di fare famiglia comporta un prezzo per qualche bambino, bene, quel prezzo val bene la tutela di una società patriarcale che però, per fortuna, la nostra società si sta finalmente e definitivamente lasciando alle spalle. Anche il legislatore dovrà arrivarci alla fine: la storia va in quella direzione, è solo questione di tempo. Speriamo poco.

Ivan Scalfarotto

Deputato di Italia Viva e sottosegretario agli Esteri. È stato sottosegretario alle riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento e successivamente al commercio internazionale. Ha fondato Parks, associazione tra imprese per il Diversity Management.